L’unica pensione anticipata in Italia arriverà per i calciatori meno abili ed inesperti. Per loro, infatti, non sarà più possibile “darsi all’ippica”, dato che dal primo gennaio 2012 tutti gli ippodromi d’Italia cesseranno la loro attività. La notizia shock è arrivata lo scorso fine settimana quando Tommaso Grassi, presidente di Hippo Group che gestisce l’Arcoveggio di Bologna (storica pista italiana dove nel 1992 fece il suo esordio il grande Varenne) ha annunciato la chiusura dell’impianto emiliano a causa dei forti tagli imposti dalla nuova manovra finanziaria. A questa dichiarazione ha fatto da eco l’sos allarmante e disperato della Federazione Ippodromi. In Toscana la notizia riguarda il Caprilli di Livorno, il Casalone di Grosseto, l'ippodromo dei Pini di Follonica, le Cascine e la Mulina di Firenze, l'ippodromo di Pian delle Fornaci di Siena, San Rossore di Pisa e Sesana di Montecatini Terme.

Risorse insufficienti «Purtroppo non sarà possibile programmare l’attività del 2012 perché le risorse al momento a disposizione non sono assolutamente sufficienti né per il montepremi né per le Società di Corse. Così stando le cose – continua la nota delle FederIppodromi -, il primo gennaio gli ippodromi del nostro paese chiuderanno i cancelli ad ogni tipo di attività mettendo in atto tutte quelle operazioni che avviano la chiusura definitiva delle aziende che non hanno più un presente né tantomeno un futuro».

Lo shock Una vera e propria doccia fredda quindi per un mondo che nel corso dei secoli ha appassionato scrittori, pittori, stilisti e registi. Non sarà più possibile scommettere sulla mitica Tris “Soldatino-King e Dartagnan”, resa celebre dal film culto degli anni ’70 “Febbre da cavallo”, diretto da Steno ed interpretato da Gigi Proietti, Enrico Montesano e Catherine Spaak. Finisce con il 2011 l’era delle “mandrakate” che tanto hanno appassionato scommettitori e cultori del celebre lungometraggio. Il tracollo più grave però arriva soprattutto per almeno 50 mila addetti ai lavori tra allenatori, fantini e allevatori che dal primo gennaio non potranno più contare sulla possibilità di poter lavorare in Italia.

La fine di un mito Celebre in tutto il mondo per cavalli della fama di Ribot e Varenne e per essere la patria di colui che è considerato il miglior fantino in attività, Lanfranco Dettori, il mondo ippico italiano rimane “in gabbia” dal primo gennaio, chiuso dalle morse dei tagli agli stanziamenti statali (un -40% lineare nel 2012) e quella che al momento appare come un’impossibile revisione del sistema scommesse ippiche, da molti anni lasciato in uno stato di totale inadeguatezza sia fiscale che regolamentare (un riordinamento che può essere messa in atto solamente dall’Aams).

Un dramma silenzioso Quello che colpisce però di tutta questa situazione è l’assoluto silenzio e la pressoché totale indifferenza che accompagna la chiusura degli ippodromi italiani. Solo Giorgio Viberti sulle pagine de “La Stampa” ha preso in considerazione la questione. Sembra purtroppo di ricordare la triste vicenda del cavallo Hickstead, campione olimpico di salto a Pachino e morto nel corso del Verona Jumping ad inizio novembre, accasciandosi improvvisamente al suolo. Nessuno indagò, nessuno polemizzò, neppure l’allora Ministro del Turismo Maria Vittoria Brambilla, sempre in rima linea per difendere gli animali e la loro cura.  E soprattutto pronta a polemizzare a accusare veementemente il Palio di Siena in occasione della morte del cavallo Messi lo scorso luglio. Mondi diversi ovviamente e che poco hanno a che fare gli uni con gli altri. Quello che rimane però è un senso di desolazione e di vuoto: la chiusura degli ippodromi fa calare il sipario su un mondo e su uno spaccato della cultura italiana che tante persone ha appassionato nel corso degli anni. Persone che “nell’universo-cavallo” avevano trovato una professione e che adesso dovranno reinventarsi e riproporsi con una nuova veste nel mercato del lavoro. Un passaggio spesso molto difficile e traumatico e che rappresenta l’assoluto dramma di tutta questa vicenda. C’è da scommetterci.

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