Ottanta miliardi di euro nel solo 2011, il 30 per cento in più rispetto al 2010. Sono i numeri allarmanti dell’Italia che gioca d’azzardo, numeri che arricchiscono di contenuti l’articolo che agenziaimpress.it ha pubblicato il 17 novembre scorso sulla dipendenza degli italiani per il gioco d’azzardo legittimato dalla Stato che, da parte sua, sembra avere decisamente a cuore la tematica. Una forte attenzione dettata non dal fatto che slot machines, lotto, superenalotto, videopoker e gratta e vinci vari producono migliaia di “tossicodipendenti da gioco” quanto invece dalla considerazione che, al tempo di crisi e di manovre “Salva Italia”, il gioco d’azzardo porta miliardi di euro tra le entrate erariali. L’eco della notizia pubblicata da agenziaimpress, però, è giunta fino a Milano dove, nel Ser.T di via Albenga, lavora la psicoterapeuta Maria Cristina Perilli che da settembre ad oggi, in soli quattro mesi, ha preso in cura 35 pazienti, tra giocatori e familiari, affetti da gioco patologico. A seguito di un prezioso scambio di opinioni che dovrebbe sottintendere ore ed ore di discussione sul tema e lasciare spazio a pagine di approfondimenti, commenti e studi, alla stessa dottoressa abbiamo chiesto un contributo che riportiamo qui di seguito invitando i lettori a riflettere, prima di qualsiasi altra considerazione, sul fatto che quasi un quarto di tutti i soldi giocati nel mondo proviene dalle tasche degli italiani. Rien ne va plus…
 
Il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) nella realtà italiana In Italia, a differenza di altri paesi, il gioco patologico a tutt’oggi non è riconosciuto dallo Stato al pari di altre dipendenze e, nonostante siamo il Paese europeo in cui si gioca di più, (80 miliardi di euro è la cifra prevista per 2011: il 30% in più rispetto al 2010) abbiamo una delle legislazioni più arretrate in materia. Nel nostro Paese il gioco d’azzardo patologico non è incluso nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) quindi, non vi è nessuna garanzia per i pazienti di poter accedere alle strutture pubbliche.

Intanto crescono gli utenti dei Ser.T Nonostante questa palese (e sconcertante) “incoerenza”, i pazienti sono cominciati ad afferire sempre più numerosi ai Ser.T (Servizi per le Tossicodipendenze) che si sono attivati per provvedere adeguatamente alla cura di questa patologia così grave ed in rapida diffusione. Anche nella mia personale esperienza di psicoterapeuta presso uno dei Ser.T. che a Milano si occupa di giocatori compulsivi, ho potuto riscontrare lo stesso allarmante fenomeno: i pazienti sono in costante aumento ed in questi ultimi 2 anni, il numero di persone che si è rivolto a me per chiedere aiuto, è più che triplicato!

Italiani popolo di giocatori…fino all’usura E non c’è da stupirsene visto che studi recenti hanno stabilito che oltre l’80% della popolazione italiana dedica attenzione al gioco d’azzardo e che i giocatori problematici superano il 3% della popolazione; tale percentuale è purtroppo in continua crescita! Le famiglie spesso ignorano o/e sottovalutano il problema ma, quasi sempre, il giocatore patologico le trascina con sé alla rovina ed una delle conseguenze più drammatiche è proprio che le tragedie personali e familiari correlate alla dipendenza da gioco d’azzardo sono incredibilmente in aumento. Basti pensare che la Consulta Nazionale Antiusura, che si occupa delle persone indebitate anche a causa dell’usura, rivela che una delle motivazioni più comuni e frequenti dell’indebitamento è proprio il gioco d’azzardo. Ed intorno a questo business, non può mancare la presenza di clan della malavita che si sono organizzati per la gestione delle sale gioco, il noleggio e la distribuzione dei vari tipi di slot-machine e videopoker. C’è, quindi, un gran “movimento” di soldi che avviene nella più completa illegalità e, se non è così facile individuare nelle tasche di chi entrano, è di sicuro semplicissimo individuare da quali tasche escono: quelle dei giocatori compulsivi!

E lo Stato resta a guardare Ma allora perché lo Stato non interviene per impedire a milioni di persone di condurre se stessi (e spesso non solo) alla rovina? Nello scorso mese di agosto, è stato emesso il seguente decreto-legge: Recita l’art. 2 comma 3 del decreto-legge 13/08/2011, che i Monopoli di Stato “emanano tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate, potendo introdurre nuovi giochi, indire nuove lotterie, anche ad estrazione istantanea, adottare nuove modalità di gioco del Lotto, variare l’assegnazione della posta di gioco di montepremi ovvero vincite in denaro”. Ed ancora: poiché la legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220/2010) prevede espressamente la possibilità che l’AAMS (Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, un ente statale nato per regolamentare il gioco d’azzardo in Italia) introduca e disciplini nuove tipologie di giochi, nel corso dell’anno dovrebbero essere immesse nel mercato 54.000 slot machine, oltre ai 300.000 apparecchi già esistenti.

Tasse sulla speranza E’ chiaro, quindi, l’intento dello Stato, non solo di non intervenire a tutela degli individui per ridurre al minimo il rischio di sviluppare un comportamento di gioco eccessivo (se non addirittura compulsivo), ma di peggiorare la situazione “tassando la speranza” in un momento in cui questa è vista dal giocatore come l’unica via d’uscita da una condizione insopportabile. Perché è ovvio che a spingere gli italiani ad alimentare l’illusione di “tentare la fortuna” contribuisce anche la crisi odierna che, con la disoccupazione, le pensioni ridotte al minimo (minimo, a volte, vergognosamente superato!), la nuova povertà ecc., ha incentivato la speranza di risolvere i problemi economici, con una “supervincita” al gioco! Come è stato evidenziato da vari studi condotti in materia, il gioco d’azzardo si sta sempre più diffondendo proprio tra le fasce maggiormente deboli dal punto di vista economico: gioca il 56 % del ceto sociale medio-basso ed il 66% dei disoccupati. E, purtroppo, anche i ragazzi sono coinvolti nel fenomeno: un'indagine predisposta dalla società Nomisma, ha rilevato una larga diffusione del gioco d'azzardo nel mondo giovanile: il 68 per cento dei 950.000 studenti intervistati ha dichiarato, infatti, di aver avuto almeno un'occasione di gioco. Lo Stato sottovaluta il diffondersi della compulsione/dipendenza dal gioco perché la ritiene un “dramma privato”; non si rende conto che in realtà il fenomeno riguarda la collettività e la miopia di questo atteggiamento, non tiene assolutamente in considerazione le ricadute sociali e i costi a lungo termine di una tale politica.

Una rimessa, scommessa certa Alcune stime dicono che tra un po’ di anni lo Stato arriverà a pagare per il danno sociale provocato dai giochi, quanto più o meno quest’anno ha guadagnato dallo stesso. E’ evidente che uno Stato che continua ad incentivare il gioco d’azzardo dimostra di esser cieco e sordo: solo uno Stato “cieco” può infatti non “vedere” l’importanza e l’urgenza di investire nella prevenzione e, solo uno Stato “sordo” può non “sentire” il grido di dolore che viene da chi ha sviluppato una compulsione per il gioco d’azzardo e si ritrova a non avere pari diritto alla cura come avviene invece per le altre dipendenze (alcol e sostanze stupefacenti). Al momento la classe politica sembra dividersi tra chi in buona fede ignora il problema, chi lo sottovaluta e chi ha egli stesso interessi privati nella gestione del gioco d’azzardo, ma la situazione rischia di “esplodere” da un momento all’altro: il 23% di tutti i soldi giocati nel mondo, proviene proprio dalle tasche degli italiani! (dati AGICOS – agenzia giornalistica concorsi e scommesse – 2010).
 
 

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