In molti si chiedono (e mi chiedono) perché si guarda ai mercati con tanta apprensione dopo le elezioni. Una risposta ovvia è che i mercati interessano agli investitori, e in Italia tutti i cittadini sono “investitori indiretti” per via dell'immenso debito pubblico.
 
Tuttavia, i mercati vengono anche utilizzati come termometro della situazione politica. Per interpretare i loro movimenti, però, occorre qualche cautela.
 
Una prima cosa fondamentale da tenere a mente è che il prezzo dei titoli nei mercati dipende solo dalle aspettative future, e mai da ciò che è successo in passato. I mercati possono quindi essere utilizzati per “predire il futuro”? Sì e no. Se è vero infatti che i mercati sono i primi a muoversi e a rivelare le aspettative future, e anche vero che queste aspettative non sono reali ma scontano anche quello che gli economisti chiamano “premio al rischio”. Il premio al rischio è un'oggetto complicato da studiare, ma più o meno funziona così: se aumenta l'incertezza futura, il valore del titolo diminuisce. Questo aspetto teorico della valutazione dei titoli rende il discorso piuttosto complicato.

Facciamo un esempio: osserviamo lo spread salire da 270 (prima delle elezioni) a 330 (oggi, 28 febbraio), il che vuol dire che il valore dei BTP italiani è sceso di circa il 5% (solo nell'asta di ieri, ci abbiamo rimesso circa 250 milioni di euro in interessi, alla faccia di chi dice che lo spread non è importante). La discesa del valore ha due cause primarie concomitanti: è diminuita l'aspettativa di valore futuro (cioé, è diminuita la probabilità che l'Italia rimborsi i titoli di stato nelle date prestabilite), e/o è aumentata l'incertezza sulla probabilità di rimborso. Quello che non sappiamo è se si è verificata la prima, la seconda, oppure entrambe e in quali proporzioni. Visto che i fondamentali economici del nostro paese non sono cambiati con le elezioni, preponderei per la seconda.
 
Nota a margine: sarebbe da aggiungere, per onestà intellettuale, che il problema è leggermente più complicato a causa di una terza causa concomitante, e cioé la covarianza dei titoli italiani con i fattori di rischio sistemico. Nel caso dei titoli di stato italiani tale fattore è però praticamente irrilevante, come si può evincere dal fatto che gli spread dei vari Paesi tendano a muoversi nella stessa direzione.

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Docente di matematica finanziaria all'Università di Siena