Dopo cinque anni di informazione in  rete, anche noi abbiamo deciso di fare lo «switch off», lo spegnimento, del vecchio agenziaimpress.it per accenderne uno completamente rinnovato. In un momento non facile per l’economia e per il settore dell’informazione noi non passiamo la mano, anzi.

Con una crisi economica di queste dimensioni, con migliaia di persone anche in Toscana che hanno perso il lavoro nell’ultimo anno (leggi servizio), con una crisi istituzionale e politica che rischia di far impallidire quella del ’93 quando in pochi mesi venne azzerata l’intera classe dirigente della Prima Repubblica, crediamo ci sia bisogno di mettere in rete il maggior numero di informazioni, idee, proposte possibili. Solo così potremo riuscire ad intravedere uno spiraglio di primavera in questo grigio autunno iniziato già da molti mesi.

Anche la Toscana, un tempo felix, risente di questa crisi che gli analisti ci hanno fatto capire non è passeggera ma strutturale. Quando sarà passata niente sarà più come prima. E in effetti non c’era bisogno degli analisti. Lo sapevano già bene i lavoratori che hanno visto le loro imprese chiudere e ognuno di loro sa che quando una fabbrica chiude è (quasi sempre) per sempre.

Che tristezza girare per le zone artigianali e industriali delle nostre città e cittadine toscane e vedere cancelli chiusi e finestre abbassate. Una tristezza che prende, ne siamo sicuri, tanto i lavoratori quanto gli imprenditori. Perché dalle nostre parti non esistono (o se esistono sono pochi) i Padroni. Qui gli imprenditori lavorano fianco a fianco delle loro maestranze, mangiano insieme, gioiscono e soffrono insieme. La ricerca dell’Irpet presentata ieri a Firenze (leggi servizio) conferma che il 55% degli occupati lavora in imprese con meno di dieci addetti, dunque microaziende dove il rapporto con il vertice è molto stretto. Ecco perché qui da noi appaiono assurde certe misure di cui si discute a livello nazionale e comunitario come quelle sui «licenziamenti facili».

La Toscana ha una cultura antica che fonda le sue radici nella mezzadria, un contratto rimasto immutato per secoli che ha resistito fino alla metà del secolo scorso. Questo rapporto di lavoro tra proprietario e contadino aveva un tratto che oggi andrebbe riscoperto. Entrambi sapevano che le loro sorti erano legate indissolubilmente. Se il raccolto era abbondante ce n’era per l’uno e per l’altro. Se era distrutto dalla grandine ne pativano insieme. Ecco, la nostra economia è ancora oggi, per lo più, di questa natura: un patto sociale tra le parti. E oggi bisogna trovare il modo di rinnovare questo patto tra chi ha il capitale di rischio e chi mette il proprio lavoro.

La politica, e le istituzioni, devono operare perché questo patto sia di nuovo saldato. Altrimenti anche la Toscana rimarrà poco più che un parco giochi per turisti. Una sorta di Disneyland per appassionati di storia e cultura dell’umanità. Un posto bello da vedere ma poco bello per viverci.

Noi proveremo a raccontare, giorno per giorno, quello che riusciremo a vedere. Ci indigneremo, se il caso e lo faremo nei nostri blog, ma siamo pronti ad accogliere ogni commento e suggerimento. E voi, visto che il portale è costruito sul modello 2.0, dateci una mano a raccontare quel che accade dal vostro angolo visuale. Solo così potremo dire di essere stati utili. Che, in fondo, significa aver dato strumenti di conoscenza perché ognuno possa formarsi una coscienza.

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