Pubblichiamo il contributo di Roberto Guiggiani che invita a riflettere sul turismo per farci vedere quello che c’è già e da lì partire per ampliare l’orizzonte delle politiche d’area troppo spesso sacrificate in nome di una presunta grandezza della Città capoluogo rispetto al territorio circostante. Infatti, ogni volta che la politica ha provato a discutere di ampliare (e integrare) politiche urbanistiche, di mobilità, dei servizi integrati, si è scontrata tra veti incrociati e difesa dei campanili (legittimi, perchè le discussioni sono sempre state mal proposte). Quello che ci propone Guiggiani è partire da quello che, appunto, già esiste e funziona ed è sotto gli occhi di tutti. Ma che rappresenta un cambiamento di metodo che la nuova politica dovrà adottare se non vuole continuare ad azzuffarsi come i capponi di Renzo (M.T.). 

Se c’è un settore che sul tema delle aree vaste e delle fusioni o aggregazioni fra Comuni può dare spunti interessanti – e molto concreti – di discussione, è senz’altro il turismo.

Proprio perché l’arte, la cultura, la bellezza, i punti di interesse, i paesaggi, i buoni piatti ignorano felicemente i confini amministrativi, ecco che si possono evidenziare modelli di gestione e di competenze, a cui ispirarsi anche in altri settori.

Questa esigenza si pone in maniera forte anche per Siena, che ha confini territoriali troppo piccoli e dintorni così ricchi di interesse, per poter impostare una efficace politica turistica di territorio senza allargare il proprio orizzonte di riferimento.

La “Grande Siena” del turismo esiste già da anni, ed è quella che vede Siena come punto nodale della Via Francigena, sicuramente a livello regionale, ma anche a quello europeo. Oppure come punto di partenza del Treno Natura e quindi porta di ingresso verso le Crete senesi e la Valdorcia. Né si può pensare che Siena città non “respiri” l’aria del ciclismo dell’Eroica, solo perché il tratto di strada che la attraversa è in fondo così breve, o che quelle di Rapolano non possano essere “anche” le terme di Siena, visto che sono appena a 15 minuti di distanza.

Se poi vogliamo essere sinceri fino in fondo, si vede come ogni appuntamento in programma (buon ultimo il Festival dell’Italiano) dimostra come sia frustrante e limitativo dover rispettare i confini territoriali del comune capoluogo quando si devono impostare politiche culturali che traggono invece ricchezza dal fatto di avere un bacino di riferimento – omogeneo – molto più ampio.

Tutti esempi che dimostrano come nel turismo la città più grande non debba esercitare un ruolo egemone, ma l’esatto opposto: è il capoluogo ad avere bisogno del territorio circostante proprio perché solo così può dare più forza e sostanza alla propria capacità di destinazione attraente a livello internazionale.

Concludo con una piccola, ma preziosa esperienza personale: da alcuni mesi lavoro in un agriturismo del Chianti e la grandissima maggioranza degli ospiti fa un’escursione a Siena, sia pure di poche ore. Moltiplicati per tutte le strutture ricettive della zona si tratta di migliaia e migliaia di persone che scelgono il Chianti “anche” per poter visitare Siena: come è possibile che una politica di promozione e di accoglienza turistica non possa e non debba occuparsi anche di loro?

Articolo precedenteA lezione di difesa. Firenze, corso all’università per contrastare la violenza sulle donne
Articolo successivo“Scriverò il tuo nome-tour”. Renga in concerto a Firenze, «Ecco perchè avrò sul palco anche Panariello»