Spada di Damocle sulle piccole imprese artigiane della pelletteria toscana. A lanciare l’allarme è Cna Federmoda Firenze, che in una nota spiega come «gli scarti di lavorazione della pelle fino a qualche mese fa conferiti per la maggior parte in discarica, oggi sono dichiarati dagli impianti “pericolosi” per valori troppo alti di cromo e non vengono più accettati». Si tratta dei ritagli della lavorazione di oggetti come borse, portafogli, portachiavi, capi d’abbigliamento, che devono per forza prendere la strada dei termovalorizzatori. «E qui nasce il problema – si legge nella nota -, già emerso per gli scarti tessili dell’area pratese: in Toscana sono attivi solo tre termovalorizzatori già saturi di rifiuti urbani. La soluzione? Il trasferimento in altre regioni o in paesi come l’Austria e la Slovenia».

Zepponi (Federmoda Firenze): «Aumento vertiginoso dei costi di smaltimento» «Ma così si va incontro ad un aumento vertiginoso dei costi di smaltimento – commenta il neo-presidente CNA Federmoda Firenze, Tullio Zepponi – I costi a carico delle imprese sono più che raddoppiati passando dai 15/20 centesimi/chilo ai 35/45 centesimi/chilo, oltre naturalmente all’aumento delle spese di trasporto. Purtroppo, a causa del principio per cui ‘chi inquina paga’, la committenza scarica sulla subfornitura questo incremento di costi. Così è l’ultimo anello della catena di subfornitura delle griffe a subire gli aumenti che vanno a ridurre ancora il già esiguo guadagno delle imprese contoterziste».

Tommassini (Federmoda Toscana): «Metter mano al piano industriale complessivo» Chiediamo alla Regione innanzitutto di bloccare la situazione – è l’appello del presidente CNA Federmoda Toscana, Bruno Tommassini – Occorre consentire nel breve periodo il conferimento presso gli impianti esistenti, mentre nel lungo bisogna metter mano ad un piano industriale complessivo e ad una strategia chiara in materia di rifiuti che non può prescindere da una previsione di impianti anche di prossimità. Ma la nostra richiesta va oltre: chiediamo la caratterizzazione degli scarti di pelle come ‘sottoprodotto’ e non come rifiuto, così da facilitarne il reimpiego nei processi industriali ed il recupero per la produzione di beni e altro».

I numeri del settore Una spada di Damocle che pesa specialmente su Firenze, dove hanno sede quasi il 70% delle pelletterie artigiane dell’intera Toscana, che rischia di annullare i progressi fin qui fatti dall’artigianato della pelle. Nell’ultimo anno, infatti, il sistema moda fiorentino ha tenuto, tanto che si è registrato un lieve aumento di imprese attive (+0,1% per un totale di 7.647 aziende). Ma soprattutto dà occupazione: 41.258 addetti, + 5,7% rispetto al 2017. A trainare il settore è però il comparto della pelle che cresce, sia per imprese (+0,5%) che per addetti (+8,1%) e non si pensi sia una questione solo da grandi griffe perché l’artigianato, da solo, dà lavoro a 13.582 persone, ben il 3,6% in più rispetto al 2017.

Anche la raccolta ha un costo Anche la raccolta così come è organizzata oggi costituisce un costo che pesa tantissimo sul comparto pelletteria e Zepponi ne spiega i motivi: «elevata percentuale degli scarti (circa il 40%); eccessiva differenziazione fino a distinguere le pelli anche per colore; necessità di disporre di spazi adeguati in azienda, dedicare personale a ciò preposto. A tutto questo si aggiunge l’incremento delle tariffe a causa della chiusura in Toscana delle discariche e della carenza di termovalorizzatori».

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