SIENA – “Il paese è comunità, non è solo un buen retiro; è luogo di attività e di incontro, di relazioni e di integrazione culturale, che si arrivi dalla città più vicina o da mondi lontani, è un processo generativo di comunità, un piccolo mondo aperto al mondo.

Il ritorno ai paesi deve essere governato e autogovernato, accompagnato da politiche che riconoscano effettivamente la problematica delle aree rurali come una grande questione nazionale”.

Così Rossano Pazzagli, professore di Storia dell’ambiente e del territorio all’Università del Molise, ha spiegato agli studenti del corso economico turistico dell’Istituto Bandini di Siena, il tema delle aree rurali e del legame tra paesaggio e turismo. Un appuntamento che si inseriva nel ciclo di incontro Madre Terra, casa futura organizzato dall’Istituto senese sul tema della sostenibilità e a cui hanno preso parte anche il professor Francesco Fasano, che ha illustrato tutte le attività realizzate dal Bandini in tema di sostenibilità e il professor Fabio Berti dell’Università degli studi di Siena.

Toscana, Prof. Pazzagli: aree interne non sono fatte per il turismo di massa

“Il fenomeno del ritorno – ha detto Pazzagli – è alimentato anche dalla crisi del modello urbano, da spinte centrifughe generate dalle difficoltà e dai rischi della vita in città. Ma qui bisogna essere chiari: lo spopolamento e i problemi delle aree interne non possono essere risolti applicandovi lo stesso modello che le ha marginalizzate. È necessario innanzitutto il rispetto delle vocazioni dei luoghi, dei valori delle comunità locali, del rapporto con la natura, come è indispensabile praticare stili di vita e forme di economia che non replichino i cliché della vita urbana e del mercato”. Per questo – concluso Pazzagli – servono politiche differenziate specialmente nella fiscalità e nell’organizzazione dei servizi, cucite a misura sui luoghi, che diano protagonismo alle comunità e alle loro istituzioni locali. Solo così le campagne potranno tornare ad essere visibili, una visibilità culturale e sociale, prima ancora che turistica. Il turismo poi, può essere certamente una delle gambe della rinascita territoriale in tante aree rurali del Paese”. Di sostenibilità, limite e decrescita, ha invece parlato con gli studenti Fabio Berti. “La teoria della decrescita è caratterizzata dalla prospettiva di uscire dalle logiche produttiviste e consumistiche tipiche delle società contemporanee per ricostruire una corretta relazione tra l’uomo e l’ambiente, migliorando la qualità della vita di ogni individuo attraverso una vera e propria “rivoluzione culturale” necessaria a ricostruire una nuova gerarchia di valori” ha spiegato il professore dell’Università di Siena. “In effetti dal punto di vista strettamente economico sarebbe più coerente parlare di a-crescita invece che di de-crescita per ribadire che dietro a questo termine non c’è alcun intento regressivo: “decrescita”, quindi, è piuttosto uno slogan. La parola “decrescita” va quindi intesa come un’arma linguistica contro il conformismo intellettuale e politico per spingere le persone a riflettere all’interno di un altro quadro concettuale. L’idea di fondo – ha concluso – è quella secondo cui il benessere possa essere realizzato a minor prezzo a patto che si riesca a ridefinire l’idea stessa di benessere”.

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