SIENA – Per Mps il peggio potrebbe essere alle spalle. Nell’informativa richiesta da Consob, per l’istituto di creduto è da “ritenere che siano superati i dubbi significativi sulla continuità aziendale che erano stati dichiarati nelle rendicontazioni precedenti il resoconto intermedio di gestione al 30 settembre 2022, segnando una positiva svolta nella gestione della Banca”.

Il merito è da ascriversi alla “positiva conclusione” dell’aumento di capitale e alla “realizzazione di importanti azioni previste nel piano industriale 2022-2026”. Al di là degli atti formali, forse un po’ scontati (affermare il contrario sarebbe stato come denunciare l’inutilità della ricapitalizzazione sui conti), il 2023 si annuncia pieno di incognite.

Tra poco più di un mese Luigi Lovaglio farà un anno alla guida di Rocca Salimbeni. Rispetto al suo arrivo la banca ha capitale, una struttura più snella e dovrebbe anche richiedere minori risorse per essere gestita. Ci sarebbero quindi le condizioni per renderla appetibile per il mercato, togliendo dalle spalle del Tesoro un fardello oneroso. L’obiettivo è aprire un tavolo dove si possa trattare quantomeno da pari a pari, ponendo dei paletti per il potenziale acquirente. Le dichiarazioni del premier Giorgia Meloni, “lavoriamo per assicurare un’uscita ordinata dello Stato e per creare le condizioni per cui in Italia ci siano più poli bancari”, fanno pensare che una svolta potrebbe essere dietro l’angolo. Magari rappresentata da un istituto come Bpm, le cui dimensioni sono paragonabili a quelle di Rocca Salimbeni. Possibili accostamenti hanno riguardato anche Unipol e Unicredit.

Nella conferenza di fine anno, il presidente del Consiglio ha toccato anche un altro tasto: “Bisogna favorire un sistema bancario che non ripeta gli errori del passato. Siamo al lavoro sul dossier Monte dei Paschi di Siena, un’altra grande questione ereditata. Una situazione molto difficile, gestita fin qui abbastanza pessimamente, con decine di miliardi spesi a carico dei contribuenti”. Per gli analisti una critica neanche poi troppo velata ad Alessandro Rivera, dg del Tesoro e dal 2017 “padre-padrone” del dossier Mps. Il suo mandato deve essere rinnovato entro il 26 gennaio. Per il ministro Giancarlo Giorgetti sarebbe un sì incondizionato, ma potrebbe non bastare.

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