Sarebbe parte di un sodalizio criminale che per il tramite di due società calabresi, avrebbe indebitamente intascato fondi pubblici destinati alla manutenzione dei servizi primari cittadini. Un imprenditore calabrese di origini, ma residente nella Val di Merse, in provincia di Siena, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’attività connessa all’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari emesse dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 8 persone indagate, a vario titolo, poiché ritenuti responsabili e in concorso tra loro del reato di bancarotta fraudolenta. L’intera attività, complessivamente, ha permesso di sequestrare oltre 5 milioni di euro.

Fondi alla criminalità a discapito della collettività In particolare, scrivono i finanzieri in una nota, «tali servizi si riferivano alla manutenzione della rete stradale cittadina, della rete idrica, dell’illuminazione, delle scuole e dei parchi e dovevano essere assicurati dai milionari stanziamenti di fondi pubblici confluiti in una delle due società. Denaro che, piuttosto che essere destinato al soddisfacimento di primari interessi e bisogni della collettività, grazie al patto scellerato con politici e imprenditori collusi e disonesti, è finito invece nelle tasche delle cosche. Un fiume di denaro che, attraverso un meccanismo fraudolento, ha favorito società facenti capo a famiglie risultate avere stabili collegamenti con la criminalità organizzata reggina a discapito della collettività».

Operazione “Mala Gestio” Le attività che hanno portato all’esecuzione delle misure cautelari eseguite nel territorio senese dalle Fiamme Gialle di Viale Curtatone, costituiscono l’epilogo delle indagini condotte dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria «nell’ambito dell’operazione denominata “Mala Gestio” che ha consentito di accertare come le vicende fallimentari che hanno colpito le citate società – dichiarate fallite tra il 2014 e il 2015 –  erano invece da ricondursi ad un ingegnoso meccanismo fraudolento che, messo a punto da coloro i quali ricoprivano contemporaneamente cariche sociali nelle due imprese fallite e in altre ditte a favore delle quali venivano svolte le distrazioni di risorse economiche, ha assicurato agli indagati l’accaparramento di ingenti somme di denaro che, liquidate dal Comune di Reggio Calabria che prima venivano introitate nelle casse delle società e poi da queste confluivano nelle tasche dei singoli privati» spiega la nota.

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