PORTOFERRAIO – Una pratica guardata con sospetto dagli stessi medici. Con risultati che non hanno fornito indicazioni per continuare su questa strada dopo la sperimentazione all’ospedale universitario di Pisa.

Sta di fatto che Giovanni Belcari, in servizio presso il pronto soccorso di Portoferraio, non si è fatto scrupoli di fronte a Franco, sessantenne elbano affetto da leucemia e positivo al Covid da dicembre, a utilizzare il plasma iperimmune. Quando la situazione del paziente è peggiorata, il medico ha prelevato sangue da una persona guarita dal virus, con tanto di anticorpi, e lo ha iniettato all’uomo, che in pochi giorni si è subito sentito meglio. La scelta non ha ricevuto il plauso dei colleghi, con Spartaco Sani, primario di malattie infettive a Livorno, ha inviato una dura email, perché “la cosa non si ripeta”. Belcari, nel frattempo, ha denunciato “pressioni fortissime. Ma vado avanti per il bene dei pazienti immunodepressi, su di loro il vaccino ha poca efficacia”.

L’Asl Nord Ovest ha avviato un approfondimento sia scientifico, perché la letteratura non è concorde, sia per capire se del plasma si possa fare un uso compassionevole.

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