E’ ripreso ier mattina a Grosseto il processo sulla Costa Concordia che vede imputato Francesco Schettino. Ad essere ascoltati i testimoni che la sera del naufragio intervennero all'Isola del Giglio.

Oggi tocca ai dirigenti di Costa Per la prima volta ci saranno dirigenti di terra di Costa Crociere: previsti Paolo Mattesi, responsabile della safety di Costa Crociere; poi l'ex co-indagato (posizione archiviata), Paolo Giacomo Parodi, ispettore tecnico nonche' 'fleet superintendent' dell'unità di crisi; l'avvocato Cristina Porcelli, dell'ufficio legale di Costa. Ieri, invece, secondo il calendario del Tribunale, sono sfilati davanti ai giudici come testimoni l'ingegnere Ennio Aquilino, comandante dei vigili del fuoco di Grosseto; Roberto Galli, comandante dei vigili urbani dell'isola; Andrea Bongiovanni, l'ufficiale di coperta della nave che teneva le comunicazioni con la terraferma. Domani altra udienza.

Aquilino: «Ci affidammo a Santa Barbara» «Quando riuscimmo a salire a bordo della Concordia non sapevamo se la nave potesse rimanere stabile, era un mondo rovesciato, intorno all'1 di notte, c'erano ancora 700 persone da evacuare. Ci affidammo a Santa Barbara e devo dire che ancora una volta non ha tradito le aspettative». Così l'ingegner Ennio Aquilino, il comandante dei Vigili del Fuoco di Grosseto che coordinò i soccorsi e gli interventi al Giglio, dalla sera del naufragio a mesi successivi, ha ricordato stamani al processo di Grosseto la fase delle operazioni sulla Concordia. «La certezza che la nave sarebbe rimasta stabile l'avemmo soltanto il mese successivo – ha proseguito Aquilino -. Lavorammo per settimane anche col timore di pericoli per i sommozzatori impegnati in attività speleo-alpine subacquee. Eravamo solo noi, i vigili del fuoco. Ci muovevano all'interno con un filo d'Arianna, un cordino di nylon per non smarrirsi. Se si fosse tagliato, qualcuno poteva rimanere bloccato, la parte immersa era completamente buia».
 
La ricostruzione di quella notte Aquilino ha ricordato che «nonostante che la nave si stesse deformando ora dopo ora, si passava attraverso pertugi pericolosissimi che potevano modificarsi e richiudersi: una volta è successo, a prua. Allora ci facevamo avanti con microcariche esplosive». Aquilino ha ricordato di aver percorso con i suoi uomini «la nave da prua a poppa dopo esser salito da una biscaggina che pendeva dalla prua e di non aver incontrato alcun ufficiale della linea di comando». «C'era – ha continuato – soltanto gente dell'equipaggio che non parlava italiano, ma inglese e francese approssimativo». Aquilino, nel tempo, ha anche sottolineato di aver «assistito al ritrovamento di tutte le 31 vittime su 32 recuperate finora».
 
Galli: «Schettino rifiutò la barca per risalire a bordo» Dopo essere sbarcato sullo scoglio del Giglio, a Francesco Schettinofu offerta per due volte una barca per andare sottobordo alla Concordia, ma lui non accettò perchè «rispose che doveva rimanere a controllare la sua nave». Lo ha raccontato un nuovo testimone dell'udienza del processo di Grosseto, il comandante dei vigili urbani del Giglio Roberto Galli che la sera del naufragio coordinò la Protezione Civile sull'isola. «Raggiunsi lo scoglio dov'era Schettino con altri naufraghi, un centinaio – ha detto Galli rispondendo al Pm Alessandro Leopizzi-. Gli dissi che l'avrei portato al porto del Giglio per imbarcarsi su un gommone con cui andare sottobordo alla Concordia ed eventualmente potervi risalire. Ma mi disse no, mi rispose che doveva rimanere a controllare la sua nave. Quando gli ho ripetuto l'invito – ha proseguito Galli -, che sarei stato in grado di portarlo sotto la nave, un secondo ufficiale della Concordia, che era lì con lui, commentò che era una buona idea provare a tornare a bordo. Ancora Schettino ribadì di no, che lui doveva restare lì. Intanto davanti a noi un elicottero della guardia costiera stava evacuando col verricello delle persone, segno che c'era altra gente a bordo».
 
Il comandante dai vestiti asciutti Lo scoglio è quello della Gabbianara, prospiciente la nave ormai rovesciata. «Schettino era asciutto, non gli altri con lui – ha anche ricordato Galli – Mi ricordo che aveva due cellulari, forse uno scarico, allora chiese il mio, ma non glielo prestai, mi serviva per coordinare i soccorsi. Portammo via i passeggeri, con lui rimasero in uno, due ufficiali della nave. Non so con chi parlasse Schettino al telefono, e non ho visto se avesse oggetti con sè», ha anche detto Galli rispondendo alle parti civili. I difensori di Schettino hanno insistito affinchè Galli spiegasse se il comandante avesse chiesto di far arrivare direttamente davanti allo scoglio una barca, ma il comandante dei vigili ha risposto negativamente.

Il teste: «Schettino mi disse: "La mia carriera è finita"» «Io e il safety manager della nave Martino Pellegrini insistemmo ad alta voce, anche insieme al comandante in seconda Roberto Bosio, per dare l'allarme di emergenza generale. Ma il comandante Schettino ci faceva cenno di aspettare, non dava l'ordine, solo dopo riuscimmo a dare l'allarme» e quando i danni furono chiari «il comandante mi guardò negli occhi e mi disse: “La mia carriera è finita”. Ma io gli risposi: “Ora pensiamo all'emergenza, lei stia tranquillo ora”». Lo ha ricordato Andrea Bongiovanni, ufficiale di coperta della Costa Concordia, con compiti di 'safety trainer', testimoniando oggi al processo di Grosseto. Bongiovanni nel naufragio fu incaricato delle comunicazioni con le capitanerie di porto ed è stato indagato (poi la posizione è stata chiusa con un'oblazione) per non aver correttamente informato le autorità marittime rispetto al disastro in corso la sera del 13 gennaio 2012 al Giglio: «Dissi via radio quello che mi ordinava di dire Schettino, ho eseguito i suoi ordini», ha spiegato Bongiovanni.

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