palio2_1.jpgMeno globalizzati dei senesi, per ora, conosco solo i Sardi: fieri, attaccati alla propria terra e alle proprie secolari tradizioni, “scorbellati” in senso positivo. E non è un caso che, partendo da presupposti e valutazioni diverse, le considerazioni della presenza di Siena, con le sue Contrade, e di Oristano, con la sua Sartiglia, alle celebrazioni per i 90 anni della Regina d’Inghilterra, siano in qualche modo vicine.

Un po’ di storia Nella propria reciproca diversità e nella differenza delle proprie radici storiche e antropologiche, il Palio di Siena e la Sartiglia di Oristano sono due antichissime giostre a cavallo, dense di simbologia e profondamente radicate nella civiltà dei due popoli. Senza addentrarci nella spiegazione di che cosa sia la Sartiglia, che solo un oristanese potrebbe fare e che un “extra moenia” può solo vivere e cercare – rispettosamente e in punta di piedi – di capire, possiamo dire a grandi linee che si tratta di una giostra rituale di grande fascino e di grande potenza evocativa, legata alle abilità equestri e guerriere, alla magia e alla fertilità. La figura centrale è Su Cumponidori, un cavaliere che dopo una vestizione rituale indossa una maschera androgina. Ci sono i Gremi, le antiche corporazioni di Arti e Mestieri, e ci sono i cavalieri. Il tutto è accompagnato da squilli di trombe e “passi” di tamburo codificati.

sartiglia-oristanoLa cronaca Ma torniamo alla cronaca e all’asse Londra-Siena-Oristano che si è creato in questi ultimi tempi. Siena ha valutato l’invito a corte fatto dall’agenzia che cura l’evento del compleanno regale avanzando le proprie legittime proposte, affinché la presenza delle rappresentanze delle contrade e della città rendesse onore alla regina senza perdere il proprio prestigio. L’agenzia organizzatrice, viste le oggettive difficoltà di una presenza senese, ha rinunciato all’idea. Siena ha comunque invitato la regina Elisabetta a Siena a vedere il Palio. Oristano, attraverso Francesco Obino, direttore della Fondazione Sartiglia, secondo quanto si legge in un articolo di Marco Carta uscito su La Nuova Sardegna il 26 gennaio (che riporta erroneamente un nostro rifiuto a disputare addirittura un Palio a Windsor, ndr), si dice disponibile a valutare un’eventuale esibizione di fronte alla Regina. A questa dovrebbe partecipare «il mondo della Sartiglia, escludendo la figura del Componidori e magari sostituendo la corsa alla stella con una corsa all’anello». Questo «per far comprendere il significato della manifestazione, senza andare contro la tradizione». Il sindaco, Guido Tendas, ha una posizione decisa. Sempre nell’articolo di Carta dice che: «La Sartiglia si fa a Oristano e questo non credo sia sindacabile, anche se ovviamente l’ultima parola spetta ai Gremi, che sono i depositari della tradizione. Un tale interessamento ci fa enorme piacere, per cui si può trovare un modo per organizzare una rappresentazione con cortei, immagini ed evoluzioni che facciano capire cos’è la Sartiglia». Giuseppe Catapano, presidente dell’associazione Cavalieri della Sartiglia propone di invitare la regina ad assistere alla Giostra, che secondo lui non è esportabile e deve essere vissuta nel contesto di appartenenza. Anche nella città sarda, insomma, si sta discutendo se andare o non andare a Londra. E anche in questo caso la regina è stata invitata a vedere la Sartiglia nella sua autenticità.

barberiContrade.JPGAlcune considerazioni Una cosa fondamentale sembra accomunare Siena con Oristano: è in gioco il valore dei simboli di tradizioni molto antiche, che costituiscono un fattore identitario forte e fanno parte della civiltà di un popolo, delle sue tradizioni e del suo modo di vivere e di sentire. Simboli e tradizioni che rendono unici; simboli e tradizioni che significano appartenenza; un “sacro” da custodire gelosamente, perché non venga banalizzato e stravolto da un vorace tritacarne di notizie, emozioni, umanità, che restituisce immagini distorte, prodotti inquinati, informazioni mal digerite o manipolate, fremiti di plastica. Dove la poesia delle cose viene vilipesa e distrutta. Chi ha a cuore la propria identità, chi è consapevole di ciò che è, sa che questo non ce lo possiamo permettere. Perché l’identità, al di là dei clamori del mondo onnivoro della comunicazione globale, rappresenta non una ricchezza, ma ‘la’ ricchezza: la forza delle nostre radici, la poesia ineffabile e preziosa del presente da proteggere e trasmettere alle generazioni future. La spettacolarizzazione, che tanta parte ha nel mondo materiale, è tanto effimera quanto pericolosa. Banalizza tutto e non fa comprendere profondamente nulla. È fine a se stessa, perché è molto diversa dalla condivisione. Si condivide e si apprezza il cibo se si va a cena con qualcuno, non se questo viene tirato su una folla anonima, vorace quanto – per la maggior parte – inconsapevole e disinteressata. Tutte le tradizioni secolari e profondamente sentite, che rappresentano l’anima e l’essenza di una comunità, sono vita vissuta, autenticità, appartenenza, memoria, sogno, passione e molto altro. Sono tanto profondamente umane da avere in sé una parte di divino: un “sacro” che è inspiegabile, indicibile, intangibile, inafferrabile, ma che deve essere assolutamente preservato. I cavalli della Sartiglia e i barberi del Palio sono come grosse farfalle. Se li catturiamo o li lasciamo catturare, toccando la polvere che ricopre le loro ali, stratificata da secoli, li uccidiamo. Anche loro sono fatti della stessa sostanza dei sogni… E noi vogliamo che i cavalli della Sartiglia e quelli del Palio continuino a volare.

Articolo precedenteIpotesi fusione. Mps, Viola: «Ubi ha aspetti positivi. Dobbiamo lavorare sulle sofferenze»
Articolo successivoCelebrazioni per il Santo patrono insieme a Modena e Pontremoli