A Siena cade un tabù. È certo, infatti, che la città, tramite la Fondazione Mps, non sarà mai più titolare del 50,1% del controllo della Banca Monte dei Paschi; la linea Maginot che doveva essere invalicabile per assicurare autonomia e senesità alla terza banca italiana. Sabato scorso il presidente della Fondazione Gabriello Mancini ha parlato al termine di una settimana horribilis per la città del Palio. «Il radicamento territoriale e l’indipendenza del gruppo di Rocca Salimbeni si possono assicurare anche senza avere la maggioranza dei voti in assemblea – ha detto Mancini -. Il limite del 50’1% era il limite al di sotto del quale non potevamo scendere indicato dalle istituzioni di riferimento, Comune e Provincia di Siena».

«La Fondazione ha fatto la sua parte» Dunque, dice Mancini, non c’erano altre scelte per il management della Fondazione quando in poco più di quattro anni  la banca Mps ha avuto necessità di essere ricapitalizzata due volte (nel 2008 e nell’estate scorsa); e la Fondazione, per usare un’espressione cara a Mancini, «ha fatto la sua parte». O, per meglio dire, ha investito nella Banca MPS 4,5 mld di euro, finendo anche per indebitarsi con le banche per una somma di 1,1 mld di euro (500 mln di cosiddetti Fresh nel 2008 e 600 mln di quest’ultimo aumento di capitale). E oggi rischia anche una drastica riduzione del patrimonio.

«Comune e Provincia sapevano» In ogni caso, ha continuato Gabriello Mancini intervenuto ad un convegno organizzato dalla associazione Confronti che fa riferimento alla corrente ex Margherita senese, «Comune e Provincia conoscevano perfettamente la situazione, le condizioni e i rischi cui andavamo incontro indebitandoci». A breve giro di posta è arrivata così la risposta a quanto dichiarato in settimana dal sindaco Franco Ceccuzzi e dal presidente della Provincia, Simone Bezzini quando hanno chiesto «discontinuità nella gestione della Fondazione». Che qualcuno ha interpretato dal politichese come richiesta di cambio al vertice di Rocca Salimbeni (la Banca) e di Palazzo Sansedoni (la Fondazione). Ma che, più precisamente, va letta in modo più complesso.

Le parole del sindaco Ceccuzzi Il sindaco Franco Ceccuzzi, infatti, l’espressione sulla discontinuità l’aveva pronunciata in Consiglio Comunale lo scorso 29 novembre in un discorso (in allegato) in cui sollecitava «coesione e unità»e dove aveva detto di condividere in pieno quanto fatto dalla Fondazione.«Seguiamo con grandissima attenzione – aveva detto – l’evoluzione di queste ore davvero difficili, il cui superamento è essenziale per assumere tutte le iniziative più opportune, che introducano tutte le discontinuità necessarie nel supremo interesse della Fondazione, del suo patrimonio e della sua partecipazione alla banca e nel legame della banca con la comunità senese». «Il Comune di Siena, infatti, ha sempre espresso – e credo che non si possa sostenere il contrario – un indirizzo finalizzato a garantire l’indipendenza strategica della banca e la sua non scalabilità attraverso il mantenimento di una partecipazione nella conferitaria, che equivalesse alla quota massima consentita dalla legislazione vigente. Questa quota massima è sempre stata comunemente denominata “del 50 per cento.Certamente una diluizione sarebbe stata un’opzione strategica preferibile, ma non a ridosso di un aumento di capitale sociale, che avrebbe potuto essere letto come una sorta di disimpegno di non convinzione nei confronti delle necessità della conferitaria. Forse alcuni anni fa, in corrispondenza del precedente aumento di capitale sociale, fatto all’indomani dell’acquisto di Banca Antonveneta, avrebbe potuto, sì, in quel momento, produrre uno spiegabile al mercato diluizione.Quella diluizione è un tema che è stato proposto da alcuni Consiglieri. L’ha proposto il consigliere Meacci, e il consigliere Corradi. È un tema che dovrà interessare il Consiglio comunale molto presto. A mio parere già nella mozione che abbiamo approvato a settembre non ci sono espressioni che si riferiscono al “50 per cento”, anche perché dobbiamo stare attenti in ciò che si scrive, a rispettare la legge, che è cosa diversa dalle consuetudini con le quali questa comunità si è approcciata al tema del 50 per cento ed al tema del controllo che, sappiamo, ha delle definizioni diverse da quelle che comunemente noi utilizziamo».

Frattura dentro il Pd senese Rimane comunque da capire chi, alla fine, dovrà intestarsi una paternità così difficile che di fatto smentisce quindici anni di politica bancaria nella città del Palio. Al momento sembra nessuno. E la vicenda ha anche contorni politici tutti da chiarire. Questa vicenda, infatti, potrebbe creare una frattura insanabile all’interno del Pd tra gli ex Margherita (da cui proviene il presidente Mancini e il presidente del Consiglio regionale Alberto Monaci, ma anche il vicepresidente di Rocca Salimbeni Ernesto Rabizzi e i consigliere Alfredo Monaci) e gli ex Ds (nelle cui fila militavano il sindaco Ceccuzzi, il presidente della Provincia Bezzini, ma anche il consigliere della Fondazione Alessandro Piazzi  e  il presidente della Banca Giuseppe Mussari). Finora il patto di ferro aveva retto. Ma dopo questa settimana tutto può accadere. Magari anche le prove generali della Terza Repubblica incentrata sulla componente cattolica del terzo polo.

Il ritorno dell’ex sindaco In questi giorni, infatti, è tornato a far sentire la sua voce anche l’ex sindaco di Siena Pierluigi Piccini, al tempo del Pds e oggi coordinatore regionale dell’Api di Rutelli, che, in un’intervista, ha proposto una sorta di «patto tra fondazioni  bancarie toscane per sostenere la Fondazione Mps». Piccini, che per anni ha tuonato contro il gruppo dirigente senese reo (a suo dire) di averlo estromesso dalla guida della Fondazione nel 2001, oggi, anzichè profittarne, sembra tendere la mano. E promette che parlerà della sua idea con il sindaco Ceccuzzi e con il presidente della Regione Enrico Rossi. Bisognerà che qualcuno però ne parli anche con il neo presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Jacopo Mazzei, che quest’anno ha a disposizione qualcosa come 20 milioni di euro da distribuire. O con Arturo Lattanzi della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca che poche settimane fa ha finanziato progetti per 25 milioni. Un tempo a Siena queste risorse sembravano briciole. Ma oggi …

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