il taglio del bosco

Ci sono circa 2 ettari lungo la via Francigena nel Comune di Colle Val d’Elsa e altrettanti ettari sul versante del Borro della Fonte, affluente del Foenna a Monte San Savino. Ma anche 8 ettari nel livornese o 3 ettari nelle colline metallifere di Prata nel Comune di Massa Marittima (Gr). E poi nel fiorentino, sui monti pisani e nell’Appennino aretino. Non c’è area della Toscana boscata che non sia interessata dal taglio di bosco cosiddetto “ceduo semplice”. Nell’ultimo rapporto sullo stato delle foreste toscane, datato 2019, si parla del taglio di circa 9.500 ettari, solo in quell’anno. Poi non è che si è smesso di tagliare, semplicemente si è smesso di fare rapporti. Naturalmente non sono esentate le aree protette, negli ultimi cinque anni le richieste di taglio dentro i siti della Rete Natura 2000 sarebbero addirittura raddoppiate.

Si tratta per la maggior parte dei casi di un taglio del bosco che non è visibile ai più ma in alcuni casi, soprattutto in prossimità di strade, procura un autentico shock in chi non vede più il paesaggio che ha sempre conosciuto, almeno negli ultimi 50 anni. Per molti cittadini si crea autentico sgomento e voglia di saperne di più per capire se si tratta di attività legali o meno.

Ma come è possibile, si domandano in molti, continuare a tagliare i boschi quando non si fa che parlare di tutelare l’ambiente e proteggere gli ecosistemi anche in difesa di un pianeta sempre più compromesso a causa dell’uomo? Delle domande ricorrenti in questi casi ne abbiamo parlato nella prima puntata del nostro long form article del 30 aprile scorso.

In molti di questi casi si tratta quasi sempre di taglio di bosco ceduo, consentito fino al 15 aprile e non oltre. Quasi sempre sono attività legali . A farne le spese leccete con roverelle e sughere, pini, castagni e carpini, pioppi e querce. Non solo. Tra gli effetti collaterali anche i danni subiti dal terreno, dal sottobosco, dai sentieri un tempo tracciati, dai corsi d’acqua spesso compromessi da mezzi pesanti. E, naturalmente, la flora e la fauna che definitivamente scompaiono dalla zona. Non per un anno o due ma forse per qualche decina.

Questi e altri casi simili sono contenuti nel portale Forests for Life – Toscana a cura dei gruppi territoriali del WWF con l’obiettivo di “mantenere acceso un faro sulla gestione boschiva, fondamentale per la conservazione della biodiversità e degli ambienti naturali”. Le segnalazioni dei cittadini attenti all’ambiente sono in costante aumento e indicano l’attenzione intorno a questi temi.

Perché sì, spesso i boschi sono proprietà privata ed è giusto che vengano considerati dai loro proprietari una risorsa anche economica ma la loro funzione rimane multipla e i boschi e le foreste sono anche un “serbatoio di carbonio e biodiversità, uno spazio di rigenerazione e ricreazione per i cittadini, un paesaggio da godere, oltre che un fornitore di prodotti legnosi”. Insomma, non solo roba privata.

Cosa fare allora? Intanto informarsi e formarsi e magari sollecitare interventi del Legislatore, che sia comunitario, nazionale o regionale, affinché sappia meglio bilanciare i diversi interessi in gioco. E che punti con decisione alla sostenibilità ambientale del bosco e, in ultima istanza, dell’ambiente e del pianeta. Del resto, lo stesso principio della “sostenibilità” fece la sua comparsa già a fine Settecento proprio in tema di gestione delle foreste, in particolare di gestione responsabile quando si cominciò a sostenere che il prelievo di legname non dovesse mai superare la capacità di rigenerazione della foresta stessa.

In Toscana il settore è regolato da una legge regionale che risale al 2000 e da più parti emerge la convinzione che vada rapidamente riformata. A breve si vota per Europee. Potrebbe essere un buon argomento da sottopporre ai candidati.

Ne abbiamo parlato con Martino Danielli, uno dei volontari del WWF Siena che si occupa di Forests for Life-Toscana.

FFL, di cosa si tratta? Chi siete e che obiettivi avete?
«FFLT è un progetto ideato oltre 3 anni fa dai volontari del WWF di varie zone della Toscana ed è un percorso ampio e complesso con più ramificazioni, ma il cui obiettivo strategico è quello di far luce sul tema dei tagli boschvi in Toscana e contemporaneamente coinvolgere a più livelli la popolazione. Tutti noi siamo semplici volontari e abbiamo deciso di attivarci sul tema per i tanti scempi incontrati nei diversi territori e per le numerose richieste di privati cittadini. FFLT ha dato fin da subito alle persone la possibilità di segnalarci i tagli impattanti attraverso un sito dedicato, segnalazioni che servono a darci un quadro della situazione a livello ampio di zona e di regione. A questo si aggiungono i tanti materiali divulgativi raccolti e le molte iniziative nelle scuole o i convegni realizzati, come l’importante conferenza “ Boschi, biodiversità e clima” effettuata a Monticiano».

State proiettando in giro per la Toscana un documentario realizzato dal Gruppo Foreste del WWF dal titolo “Boschi toscani: una scomoda verità”. Di quali verità scomode parlate?
«Le verità sono i tanti tagli devastanti che stanno comportando in ampie zone della Toscana una perdita di biodiversità, di ricchezza e una alterazione di clima e paesaggio particolarmente preoccupanti. Il tanto decantato ambiente naturale delle nostre zone rischia di essere compromesso (in alcuni casi lo è già) per l’inerzia ingiustificabile delle istituzioni e una gestione dei boschi di tipo estrattivo. Abbiamo potuto vedere cerrete vecchie di 80 anni danneggiate gravemente, ruscelli distrutti dal passaggio di mezzi enormi, sentieri danneggiati, interi versanti collinari senza più suolo. Una verità che molte amministrazioni e istituzioni cercano di ignorare perché si tratta appunto di una “scomoda verità” per la quale sarebbe necessario agire immediatamente ma si ha paura di pestare i piedi a poteri importanti».

Spesso, appena in città viene tagliato un pino marittimo, magari pericoloso per radici affioranti, si forma subito un comitato a difesa. Diverso il discorso per i boschi dove sempre più spesso, in giro per la Toscana assistiamo a una “rasatura” (taglio a raso) di ettari di bosco. È davvero una gestione sostenibile?
«I tagli avvenuti in città spesso sono ingiustificabili, ma la popolazione sente quel contesto più vicino alla propria vita quotidiana e dunque ne è emotivamente coinvolta. I boschi, invece, sono per molti un mondo a parte, una cornice lontana. Resta il fatto che il danno arrecato a un intero bosco è enormemente più impattante di uno o alcuni alberi tagliati in città. Stiamo parlando di ecosistemi complessi che ci donano ossigeno, stoccaggio di CO2, suolo e mantenimento della fertilità, acqua e mitigazione del clima. La gestione attuale, non tenedo conto di tutti questi aspetti, è assolutamente insostenibile sia dal punto di vista ecologico, sia da quello economico. Sono infatti molto più ampie le perdite rispetto ai pochi guadagni realizzati col tagliare il bosco per semplice legna da ardere».

A quanti sostengono che l’area boschiva aumenta rispetto a quella coltivata, cosa risponde?
«Sicuramente in Toscana abbiamo tanti boschi, ma ampie aree sono di scarsa qualità ecologica e forestale. Tagliando grandi superfici, lasciando pochissimi alberi per ettaro, il territorio è stravolto eppure nei dati statistici risulta ugualmente e catastalmente bosco, ma di sicuro a livello ecologico e biologico non lo sarà più per i prossimi 30 anni almeno. Se dunque la superficie “boscata” aumenta, la sua qualità lascia a desiderare. Sarebbe come dire che un canale cementificato è equiparabile ad un fiume: certo l’acqua scorre in entrambi i casi, ma la natura ne è stravolta e non confrontabile».

Quali leggi regolamentano queste attività?
«Prevalentemente la legge regionale 39/2000 e il regolamento attuativo ad essa legato, ovvero il D.P.G.R  n 48/R dell’8 Agosto 2003. Vi sono poi anche i regolamenti comunali, che possono incidere, seppur in modo minore».

Dal taglio del bosco chi ci guadagna?
«Dal taglio del bosco ci guadagna prevalentemente l’industria delle biomasse ad uso energetico e ditte di esbosco. I proprietari privati spesso guadagnano 700/800 euro ad ettaro, ma avranno un terreno inservibile per i successivi 30 anni; quindi più che di guadagno bisogna parlare di perdita. Parallelamente, molti incentivi sono dati per l’acquisto di macchinari come ruspe, trattori e camion. Insomma, i soldi in verità vengono riversati ancora una volta nella direzione delle grandi industrie, cui si aggiungono i contributi per le grandi centrali a biomasse, un vero e proprio controsenso dal punto di vista ecologico ed energetico».

E chi, invece, ci perde?
«Ci perdiamo tutti noi dato che i boschi e le foreste, esistite per milioni di anni stanno ora subendo un declino inarrestabile, le cui conseguenze saranno di una gravità eccezionale nel prossimo futuro. I boschi sono fondamentali alla sopravvivenza umana e generatori di una potenziale economia circolare e virtuosa. La loro perdita o alterazione è una dramma per tutti».

Tramite il portale https://www.forestsforlifetoscana.it/home raccogliete le segnalazioni dei cittadini sui possibili abusi? Di cosa si tratta in genere? Quante sono e come le gestite?
«Le segnalazioni sono circa 80 e riguardano un po’ tutte le aree della Toscana. Si tratta di tagli cedui che colpiscono prevalentemente i boschi di querce e faggi. Le segnalazioni sono gestite completamente dai volontari che vagliano il materiale fotografico e le informazioni inviate. Lo scopo è anche quello di coinvolgere attivamente i cittadini per attivarli su un tema tanto importante. Per noi, oggi, gli obiettivi fondamentali sono da un lato una modifica sostanziale della legge regionale e del regolamento attuativo, dall’altra un diverso approccio culturale ed economico ai boschi. Con la nostra attività di volontari speriamo di poter dare importanti contributi in tal senso».

Per concludere viene in mente un celebre scritto di Enzo Tiezzi, uno dei precursori dell’ambientalismo scientifico in Italia che si può trovare in uno scritto del 2011, “Il pianeta Terra, un’arancia blu nel pensiero di Enzo Tiezzi”.

“Una democrazia esiste solo se la diversità naturale e la diversità culturale di un territorio vengono rispettate e conservate e, con esse, la sacralità del luogo. Una democrazia esiste solo se non c’è un pensiero unico dominante. Una democrazia esiste solo se nessuna ideologia (politica, religiosa, scientifica, filosofica) prevarica il pensare comune della gente del luogo e/o i diversi modi di pensare e di vivere, purché tali diversi modi siano tolleranti con le altre diversità, non abbiano la pretesa di essere superiori o migliori e non usino la loro identità per potere o profitto. Una democrazia esiste solo se nessun potere (sia esso militare o religioso, di magistratura o di finanza, di lobby o di associazioni) domina il paese. Una democrazia esiste solo se i valori etici ed estetici del luogo vengono rispettati e conservati. Una democrazia è sempre frutto di una storia co-evolutiva tra ambiente naturale e cultura umana, per questo è sempre diversa da luogo e luogo. Una democrazia è sempre frutto di un fertile intreccio di conservazione e di evoluzione. Una democrazia è tale se permette che la scienza e l’arte possano esprimersi senza vincoli di utilità, di ideologie, di dogmi, di interessi economici, di finalità cui tendere (Archimede soleva dire: non mi occupo di cose utili, ma di cose belle e sottili)”.

“Il taglio del bosco” è un approfondimento tematico che la nostra redazione segue con la modalità del long form article per analizzare in dieci puntate con cadenza settimanale la tematica, dando spazio a coloro i quali, a vario titolo, fanno parte di questa importante filiera.
La prima puntata: Taglio del bosco. A rischio il paesaggio toscano e anche la nostra anima è stata pubblicata il 30 aprile.

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