SIENA – Giovanni Oberti ritorna con le sue opere alla Galleria FuoriCampo dove, dopo quasi dieci anni dall’ultima mostra, inaugura la prima personale ‘Un telo nero bucato, un cielo buio stellato’.

L’installazione site specific organizza l’ambiente in una dimensione temporale. I lavori esposti diventano concetti cardinali elementari, modelli ‘derivati’ che, sollevati dalla funzione e dal loro contesto quotidiano, assumono una forma universale: come quelli che compongono la volta celeste.

«Trasfigurazione e trascendenza – spiega Giorgio Verzotti, critico e curatore -: il cielo, pur cosi scenograficamente interpretato, rappresenta l’aria; la boccia con la fiamma, il fuoco: immagine resa più emotivamente pregnante dalla parziale riflessione offerta dal metallo della mensola. E poi, i due vasi per l’acqua, idea ingegnose nell’estrema semplicità della soluzione strutturale. Infine, il tappeto: ha il ruolo della terra, evocata per associazione e anche per il suo ironico stare li, sul pavimento».

‘Un telo nero bucato, un cielo buio stellato’ è il nuovo dispositivo che Oberti ha costruito per la Galleria FuoriCampo, offrendo traiettorie allo sguardo. In questa notte artificiale, l’osservatore, da fuori o da dentro l’ambiente, osserva dei comuni oggetti collocati per avocare una dimensione immensamente più ampia dello spazio dove sono sapientemente collocati.

Giovanni Oberti, vive e lavora a Milano; artista affermato nello scenario internazionale, è protagonista di mostre in Italia e all’estero; i suoi progetti sono condivisi in un vasto contesto. Il suo stile lo stimola ad agire per stratificazione: è memoria, sedimentazione di affetti che si accumulano nelle sue opere.

«L’intervento di Giovanni Oberti concepito per la Galleria – dicono i direttori Esther Biancotti e Jacopo Figura – gioca sulla funzione dello spazio espositivo, alterando la percezione del luogo e delle opere che ospita. Emerge un tema caro all’artista, il tempo, soprattutto quello ciclico». È legato al movimento reale degli elementi, subito proiettati nel mito: anche se, per Verzotti, potrebbe essere più corretto e semplice dire «trasfigurati poeticamente». Difatti, l’acqua gocciolante si esaurisce, andrà cambiata e il vaso sottostante svuotato; così, la cera che alimenta lo stoppino acceso, finirà. Il tappeto, arrotolato su se stesso, evoca già di per sé il ciclo: l’Ouroboros, per restare in tema di mito, una specie di metonimia visiva.

La Galleria FuoriCampo è in via dei Termini 44; fino al 20 maggio: martedì – sabato 11 – 18, e su appuntamento.

www.galleriafuoricampo.com

 

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