FIRENZE – Un territorio divenuto brand. Al punto da vedere schizzare i numeri delle presenze. Non sarebbe possibile però raccontare la Val d’Orcia senza osservare anche l’altro lato della medaglia. Quella che raffigura un equilibrismo perenne tra il non cedere all’omogeneizzazione turistica e la volontà di preservare le caratteristiche identitarie che le hanno permesso nel 2004 di diventare patrimonio Unesco.

Affresco reso dal volume ‘Valore Val d’Orcia’, scritto dai giornalisti Lorenzo Benocci e Cristiano Pellegrini e presentato questo pomeriggio in Palazzo del Pegaso. “Io e Cristiano siamo originari di questa terra, siamo nati lì e ci viviamo ancora. Abbiamo visto la Val d’Orcia trasformarsi negli ultimi trent’anni. Siamo passati da 42 strutture ricettive, nel 1992, alle oltre 500 che ci sono oggi. Questo è un dato concreto che ci fa capire come questo paesaggio abbia portato a una crescita economica e sociale in tutta la zona”, ha evidenziato Benocci.

“Un territorio che oggi è riconosciuto in tutto il mondo. Quindi ci siamo fatti la domanda delle domande: come mai questo territorio ha acquistato soprattutto negli ultimi trent’anni questo valore universale riconosciuto da tutti. È il lavoro dell’uomo l’elemento che collega il paesaggio e il suo sviluppo e il suo valore economico che oggi è riconosciuto”, ha aggiunto Pellegrini.

Alla presentazione è intervenuto anche Stefano Scaramelli. “Molte volte c’è uno squilibrio enorme, tra chi lavora la terra e i benefici che i marchi mondiali possono trarne vendendo quelle immagini. Questo è un tema di discussione a livello regionale rispetto alla legge che ha definito gli ambiti turistici – ha evidenziato il vicepresidente del Consiglio regionale -. Secondo me è stato fatto un passo molto importante negli ultimi anni quando a livello regionale è stato identificato il territorio della Val d’Orcia, che è l’ambito turistico territoriale forse più piccolo, ma che ha il valore aggiunto più alto rispetto agli altri della Regione”.

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