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FIRENZE – La Corte Costituzionale è chiamata a pronunciarsi sull’articolo 579 del Codice Penale, che disciplina il reato di “omicidio del consenziente”, in seguito all’ordinanza del tribunale di Firenze relativa a una donna toscana di 55 anni, completamente paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva.

La donna, pur avendo ottenuto l’accesso al suicidio assistito sulla base della storica sentenza 242 del 2019 della Consulta, non può, per le sue condizioni fisiche, autosomministrarsi il farmaco letale necessario a porre fine alle sue sofferenze.

Il Nodo Giuridico
L’articolo 579 del Codice Penale punisce chiunque cagioni la morte di una persona, anche con il consenso di quest’ultima, con la reclusione da sei a quindici anni. La norma, però, non esclude la punibilità nei casi in cui il consenso sia espresso in modo libero e consapevole da una persona affetta da patologia irreversibile e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, come previsto dalla legge 219/2017 sulle disposizioni anticipate di trattamento (DAT).

Nel caso della donna toscana, l’impossibilità di autosomministrarsi il farmaco ha portato la stessa a chiedere al tribunale di Firenze che il proprio medico di fiducia fosse autorizzato a somministrare il farmaco, oppure, in subordine, che venisse sollevata una questione di legittimità costituzionale sull’articolo 579. Il tribunale ha accolto la richiesta, dichiarando la questione “rilevante e non manifestamente infondata” per possibile contrasto con gli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, che tutelano i diritti fondamentali della persona.

Le Implicazioni
Il caso della donna toscana pone l’accento su un vuoto normativo: chi non è fisicamente in grado di autosomministrarsi il farmaco rischia di vedere negato un diritto riconosciuto dalla Consulta, a meno che non intervenga un medico, il quale però rischia di essere perseguito penalmente per omicidio del consenziente.

La decisione della Corte Costituzionale sarà cruciale per chiarire se, e in quali condizioni, sia possibile escludere la punibilità di chi, nel rispetto delle procedure e delle garanzie previste dalla legge, aiuta una persona a realizzare la propria volontà di porre fine alle sofferenze, anche quando questa non sia in grado di farlo autonomamente.