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FIRENZE – Oltre mille agricoltori toscani sono scesi in piazza a Firenze per la mobilitazione nazionale contro i «trafficanti di grano», denunciando una crisi che mette a rischio migliaia di imprese agricole nella regione.

La manifestazione, organizzata da Coldiretti Toscana, ha visto la partecipazione di produttori provenienti da tutta la regione, che davanti alla prefettura hanno esposto bandiere, cartelli, un trattore e sacchi vuoti con il tricolore.

Secondo Coldiretti, la Toscana ha perso la metà della produzione e delle superfici coltivate a grano duro negli ultimi venti anni. Letizia Cesani, presidente di Coldiretti Toscana, ha sottolineato come sia necessario «dare dignità agli agricoltori rispettando la legge sulle pratiche sleali che vieta la vendita sotto i costi di produzione» e rivedere il sistema delle borse merci locali, proponendo una Commissione Unica Nazionale per la formazione del prezzo. «Non possiamo svendere il grano sotto i costi, vogliamo più controlli contro gli speculatori. I contratti di filiera sono lo strumento di difesa del reddito – ha aggiunto – e Ismea deve rendere pubblico il costo di produzione medio del grano».

La situazione è descritta come drammatica anche da Michela Nieri di Coldiretti Pistoia: «Un chilo di pasta costa 2 euro, mentre un chilo di grano ce lo pagano 28 centesimi». Un problema aggravato dalle importazioni, spesso di grano con residui di glifosato vietati in Italia, proveniente soprattutto dal Canada, che si sono raddoppiate nei primi sei mesi del 2025. Questo fenomeno danneggia non solo gli agricoltori locali ma anche la salute dei consumatori.

I costi di produzione sono aumentati del 40-50% dal 2023, mentre i prezzi pagati ai produttori sono crollati di pari misura, rendendo insostenibile la coltivazione, come conferma Tonino Caccese, cerealicoltore di Foiano della Chiana (Arezzo). Elia Sardone, agricoltore di Pienza (Siena), ricorda che la Valdorcia, un tempo uno dei granai più importanti d’Italia, ha dovuto abbandonare la coltivazione di grano duro a causa dei cambiamenti economici, climatici e delle speculazioni di mercato che hanno compromesso una risorsa fondamentale per l’economia locale.