botti cocciopesto
Foto Ansa

Botti e barrique in cantina potranno presto essere affiancate da un gigante d’argilla, il cocciopesto. La novità per l’affinamento del vino arriva dalla Toscana ed è stata presentata al Vinitaly. L’aspetto richiama la tradizione, quella della vinificazione in argilla in uso in Georgia e nell’impero romano. Ma questi vasi vinari rappresentano l’innovazione per il mondo dell’enologia grazie a tre innovazioni tecniche: la forma, internamente ovoidale come quella delle anfore in terracotta, che facilita la condensazione dei gas della fermentazione e la creazione di moti convettivi utili al mosto, le dimensioni, più ampie di quelle delle anfore, ed il cocciopesto, totalmente naturale e traspirante, che non ha bisogno né di cottura, né di forni. La società che li ha inventati, Drunk Turtle, ha sede a Ponsacco (Pisa), ed è composta da un designer, Moreno Chiarugi, un avvocato, Duccio Brini, proprietario di una tenuta vinicola a Montalcino, il Conventino, e Mario Poggianti, imprenditore toscano.

L’innovazione in cantina Il cocciopesto, studiato e testato dal team di Drunk Turtle, nasce dalla mescola cruda di laterizi macinati, sabbia, legante cementizio, scarti lapidei, acqua, fibre di canapa e di cotone, che una volta seccata dà vita ad un materiale resistente e poroso, che consente una micro ossigenazione del liquido contenuto.  Alcune prove svolte, sottolineano i produttori all’Ansa, «hanno già dato vita a risultati interessanti sulla reazione del vino posto all’interno di questi vasi, sia da un punto di vista chimico, sia da un punto di vista organolettico».

Articolo precedenteMorte (per scelta politica) degli Uffici di Informazioni
Articolo successivoL’estorsione non ha età. Due 16enni arrestate, «soldi o diciamo che ci hai violentato»