Avete presente in alcuni sport di squadra, soprattutto nel basket, quelli che vengono definiti “blocchi”? Mentre alcuni giocatori si frappongono con il corpo davanti ai giocatori avversari, un altro compagno passa e va a canestro, sfruttando il corridoio favorevole venutosi a creare. Ecco, la situazione della sinistra italiana somiglia molto ad un “doppio blocco”, l’uno rappresentato dal Pd, l’altro dal renzismo dentro il Pd, mentre a fare canestro ci vanno tutti gli altri.

Il primo blocco si è reso evidente con le ultime elezioni politiche. La presenza sullo scenario politico del Pd, con il suo essere un partito strutturato sul territorio, risultato di una lunga tradizione storica, con una copertura mediatica forte e, anche se indirettamente, con un suo ancora consistente patrimonio economico, ha reso vano per chiunque cercare di costruire qualcosa alla sua sinistra, almeno se giudicato in termini di consistenza elettorale. Quelle ampie “praterie a sinistra” dove galoppare liberi alla ricerca dei voti in uscita dal Pd e di quelli in ritorno dall’astensionismo, che a detta di molti avrebbero dovuto aprirsi già da un bel po’ di tempo, si sono rivelate un angusto recinto dove al massimo il cavallo gira poco più che su se stesso. Suoni, ovviamente, la mia, come una cinica constatazione in termini di consenso elettorale, e non come un giudizio etico-politico su chi nell’impresa si è cimentato.

Il secondo blocco si palesa nelle dimissioni fittizie di Matteo Renzi da segretario. Nonostante un risultato elettorale catastrofico, di quelli che avrebbero suggerito, in qualsiasi partito operante in qualsiasi parte del mondo, un radicale ed immediato cambio di rotta, dentro il Pd invece continua a dominare il renzismo, impedendo qualsiasi spostamento a sinistra del partito. Anzi impedendo qualsiasi spostamento rispetto alla solita linea delle larghe, ed amorevoli, intese col centrodestra, propedeutiche ad un ennesimo tentativo di riforma costituzionale: come si volesse cambiare a proprio piacimento il presente ed il futuro tornando in un preciso punto del passato (il 4 dicembre 2016) e modificando la linea del tempo, magari a bordo di una DeLorean come nella saga cinematografica di Zemeckis.

Mentre si organizzano Direzioni Nazionali che dovrebbero segnare per la sinistra svolte, ripartenze, anni zero… all’ex (si fa per dire) Segretario è sufficiente andare in tv, lanciare il suo diktat e tutto il resto e tutti gli altri da quel momento contano, loro malgrado, come il due di coppe quando a briscola regna bastoni.

Il risultato finale è una sinistra ridotta a percentuali mai cosi basse nella storia della Repubblica, ostaggio dei suoi stessi errori, senza alcun schema di gioco e con nessuno che sembra avere la più pallida idea su come uscire dai blocchi.

Mentre il tabellone dei punti segna un inesorabile: sinistra 00

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