Appena un anno fa si ritrovarono in teatro in centinaia, gli occhi pieni di lacrime, alla proiezione di un video sulla storia della escavazione del travertino a Rapolano Terme. Realizzato dal Comune, il documentario dava voce a operai, scalpellini, impiegati, artisti, che raccontavano le memorie del tempo in cui nelle cave di Serre, nelle crete senesi, erano impiegate oltre tremila persone, dal dopoguerra a tutti gli anni ‘70. Un lavoro duro, pericoloso ma anche straordinariamente affascinante. Dal tempo dei romani i blocchi di travertino di Rapolano erano stati cavati e lavorati per finire ai quattro angoli del mondo. Memorie di lavoro ma anche di lotte per migliorare le condizioni dei lavoratori, in particolare in tema di sicurezza. Sono state centinaia le vittime, i feriti e i morti per malattie polmonari.


Il distretto di Rapolano Terme – Oggi sono poco più di duecento gli occupati nel piccolo distretto lapideo rapolanese che tra cave, laboratori, cantieri e indotto è attiva con una decina di imprese. E la crisi internazionale morde. La concorrenza di paesi come la Turchia, il sud America, la onnipresente Cina, rischia di assestare un colpo pesante. Tuttavia in questi mesi non si è mai sollevata in modi eclatanti una vertenza, uno sciopero, una protesta. “Frutto di una buona concertazione tra lavoratori, aziende e sindacato” dice Giulia Bartoli della Fillea-Cgil. In alcuni casi è stata scelta la strada solidaristica del lavorare meno e lavorare tutti (40 persone con contratti di solidarietà fino a settembre), in altri si è attinto alla cassa integrazione (65 persone coinvolte tra straordinaria e ordinaria fino a luglio) nella speranza che le cose migliorino. I dati provinciali registrano che nell’ultimo trimestre del 2009 nel settore attività estrattive (che comprende anche le cave di inerti) le ore di Cassa integrazione sono state 5595, praticamente raddoppiate rispetto allo stesso periodo del 2008 e aumentate del 224% rispetto all’intero anno.

I numeri della crisi – E le aziende prevedono per il 2009 un calo del fatturato che si aggira intorno al 30%. Anche se il mese di maggio ha segnato una lieve ripresa degli ordini a causa dell’apertura dei cantieri, pubblici e privati, ma è ancora presto per capire se si tratta di una vera inversione di tendenza. Qualcuno prova anche a cercare nuove strade. Da trent’anni le principali aziende hanno attivato cave anche nel Lazio e alcune stanno sperimentando la coltivazione di cave in sud America, in particolare in Perù, dove c’è uno straordinario travertino giallo. A 3000 metri d’altezza, però.


L’imprenditore e il sindacalista – “Sul tema della escavazione del materiale riusciamo anche ad essere competitivi con i cinesi – dice Enzo Giganti presidente del Consorzio del travertino -. Abbiamo esperienza e tecnologie che loro non hanno. E oggi coltivare in modo controllato una cava non è più sinonimo di scempio ambientale. Il problema è che avviare una nuova cava richiede minimo nove anni di tempo tra burocrazie e autorizzazioni. Per questo chiediamo almeno procedure snelle e tempi certi, altrimenti si avvantaggiano i diretti concorrenti”. “Se in tempi brevi non c’è una ripresa la situazione comincia a diventare critica – conferma il segretario provinciale della Cgil Claudio Vigni –, così come per tutto il settore delle costruzioni. Ma mentre nel settore dei laterizi occorrerà ripensare ad una riconversione, alla luce delle nuove necessità di costruzione, nel travertino si tratterà di cercare nuovi mercati all’estero”.


Il Travertino di Siena – E siccome il settore non demorde e intende uscire da questa crisi al più presto per settembre è annunciata l’uscita di un libro-catalogo sul “Travertino di Siena” in italiano e inglese da presentare a Verona a Marmomacc, la fiera di settore più importante al mondo. L’occasione giusta per capire se l’attività del travertino ha ancora un futuro. O dovrà rimanere un ricordo per le centinaia di scalpellini e cavatori che un anno fa si ritrovarono a teatro.


Michele Taddei
pubblicato su L’Unità Toscana – 26 maggio 2010

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