Tempo lettura: 2 minuti

FIRENZE – Partita la trebbiatura del grano in Toscana, ma il granaio regionale registra una drastica riduzione delle superfici coltivate a grano duro, dimezzate in meno di vent’anni: da 96.000 ettari nel 2006 a 43.000 nel 2024.

A evidenziare questo trend sono Coldiretti Toscana, il Consorzio Agrario del Tirreno e il Consorzio Agrario di Siena, che segnalano una contrazione del 10% delle superfici destinate al grano duro solo nell’ultimo anno.

La crisi della cerealicoltura è legata principalmente all’aumento dei costi di produzione che superano i ricavi, con una forte volatilità dei prezzi che impedisce alle aziende agricole di raggiungere il pareggio economico. Letizia Cesani, presidente di Coldiretti Toscana, sottolinea come questa situazione stia spingendo molti agricoltori ad abbandonare i terreni, lasciandoli incolti per evitare rischi e spese. Inoltre, l’Italia ha visto nel 2023 un aumento del 68% delle importazioni di grano canadese, spesso trattato con glifosato, un erbicida controverso per la sua tossicità, che mette ulteriormente in difficoltà la produzione locale.

In risposta a questa crisi, si registra però un incremento del 30% delle superfici coltivate a farro, favino, grano tenero, girasole per biodiesel e orzo rustico, colture favorite dai contratti di filiera che garantiscono un prezzo minimo e una domanda certa. Grazie a questi accordi, stipulati dai Consorzi Agrari del Tirreno e di Siena per conto di Consorzi Agrari d’Italia, nel 2025 in Toscana sono vincolati oltre 13.000 ettari tra grano duro e tenero, farro, colza, avena e favino, con risultati positivi in termini di resa e qualità del frumento, anche se il prezzo resta influenzato dall’incertezza internazionale.

Un esempio virtuoso è l’accordo tra la Filiera Agricola Italiana (FAI) e il pastificio Chelucci, che prevede l’utilizzo di grano duro toscano per la produzione di pasta, garantendo ai produttori un prezzo stabile e incentivando la coltivazione locale. Questo tipo di iniziative mira a stabilizzare la filiera, rilanciare la cerealicoltura regionale e portare sulle tavole prodotti di qualità, sicuri e 100% italiani.

In sintesi, mentre il grano duro tradizionale perde terreno in Toscana, cresce la diversificazione delle colture grazie a strategie di filiera che cercano di superare la crisi economica e valorizzare le produzioni locali.