SAN CASCIANO – La salute prima di tutto. Una regola sempre valida, ma a dirla fino in fondo, non è che il lavoro sia da meno. Soprattutto in un momento dove l’aumento dei prezzi è quotidiano e la precarietà la fa da padrone.

Per saperne di più, si può citofonare a un gruppo di lavoratori della Laika, impegnati nella linea 2 e 3 dello stabilimento di San Casciano in Val di Pesa (Firenze).

A denunciare la situazione sono loro stessi: “L’azienda ha deciso di non rinnovare il contratto a 105 di noi. Nel 2021 ci siamo visti il contratto non rinnovato prima nel mese di aprile poi nel mese di agosto, oltre a questo, tra dicembre 2021 e gennaio 2022 siamo stati un mese in cassa integrazione. Gli accordi sindacali di novembre 2020 hanno permesso all’azienda di assumerci con il 2° livello, non certo adeguato ai compiti che svolgiamo. Lo stesso accordo che, con le varie interruzioni, ha concesso all’azienda mano libera nel passare i nostri contratti da tempo determinato a contratto stagionale. Questo sistema permette all’azienda di aggirare il decreto Dignità e rende il contratto indeterminato qualcosa di praticamente irraggiungibile per noi”.

Al loro fianco ci sono anche una sessantina di lavoratori ex Bakaert: “L’azienda, le istituzioni e gli stessi sindacati giustamente si sono molto spesi nel far conoscer questo risultato. Quello che però è stato eluso, è quanto in quegli stessi accordi ci fossero punti che hanno peggiorato pesantemente le condizioni contrattuali per noi e per i futuri lavoratori di questa azienda, per non parlare delle migliaia di euro presi dall’azienda per ogni operaio del Valdarno assunto”.

Una storia che tracima di rabbia e delusione, derivante dalle promesse mancate in serie: “Per la fine di questo mese i sindacati ci avevano informato che sarebbero stati rinnovati solo 60 contratti, il resto sarebbero stati rimandati a inizio marzo. Questa volta però non ce la sentiamo di credere alle promesse dell’azienda, fatte solo per tenerci buoni nella speranza di avere un contratto dignitoso. Nostri colleghi, precari come noi, sono già stati mandati a casa con questa promessa, 50 a fine luglio e altri 30 a fine ottobre nel 2021, ma non li abbiamo più visti rientrare. Tra questi ci sono alcuni colleghi che, in quello stesso giorno in cui è stato comunicato il cambio improvviso della decisione dell’azienda, erano stati convocati per firmare il contratto a tempo indeterminato. Uno di loro, Danilo, ha intrapreso una protesta più che legittima bloccando la linea e verso cui esprimiamo massima solidarietà e complicità”.

Nel mirino dei lavoratori non c’è solo l’azienda, ma anche i sindacati: “Mobilitatevi per mettere fine al banditismo dell’azienda sui contratti. Non lo dovete a noi, ma alle migliaia di vostri tesserati che vi sostengono e hanno fiducia in voi. Questa assenza dei sindacati è lo stesso motivo che ha portato alcuni nostri colleghi a scrivere una lettera di mano loro all’ufficio del personale, in cui auspicano il nostro rientro e il mantenimento delle promesse fatte dall’azienda”.

Nella lettera lavoratori rinnovano quindi la preoccupazione per le sorti di tutta l’azienda: “A dicembre 2021 il gruppo Hymer ha annunciato l’apertura di uno stabilimento in Polonia. Si dà il caso che questo stabilimento nasca nella stessa regione dove è nato a gennaio di quest’anno lo stabilimento Stellantis che produrrà veicoli Ducato. Nello stesso modo in cui per i lavoratori della Sevel quello stabilimento è il presagio di una delocalizzazione , per noi lo è la nascita dello stabilimento di Hymer”.

La conclusione infine è una chiamata alle armi: “ Se pensate che questa sia una questione di cui devono occuparsi i sindacati, allora facciamo appello a tutti gli iscritti a non accontentarsi di supercazzole di speranza dei rappresentati. Altrimenti, è bene mobilitarsi fin da subito, dentro e fuori l’azienda, prima che accada l’irreparabile”.

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