Mentre il Siena continua a non farle, di reti, nella sinistra istituzional-piddina si continua a sciacquarsi la bocca con la terminologia “fare rete”, che deve essere roba molto trendy. E’ scritto nel documento del Pd senese partorito dopo la Conferenza programmatica, che in città ha avuto l’effetto di un sospiro ad un concerto di Shakira.
Lo dice più volte l’assessore alla cultura, Massimo Vedovelli non dal Canada – da cui tornerà tra qualche settimana – ma nell’intervista all’ottimo Davide Busato, parlando prima di «infrastrutture culturali per far dialogare le varie realtà cittadina», e poi della «mancanza di una efficace rete per la diffusione delle informazioni». Intervista piena di propositi, di strategie futuribili, di decisioni imperdibili per il domani che verrà,  tipo: «Io ai tavoli non ci rinuncio», alludendo non al mobilio di casa, ma ai tavoli degli Stati Generali della cultura del marzo scorso.
Così tanti gli intenti del fare in quell’intervista, da parte di Vedovelli e così argomentate le cose buone fatte, da far intendere che Valentini abbia altro a cui pensare che dimettere il suo assessore. E che, d’altro canto, l’assessore medesimo non abbia alcuna voglia di cogliere al volo l’opportunità del Canada per dare le dimissioni da assessore alla cultura della Città che è Capitale italiana della cultura, ma senza lasciar minima traccia di questo. Non vi è infatti un sia pur abbozzato utilizzo ragionato, organico, in cui si sia dimostrato di essere capaci di far rete in questa città, che provi a cogliere l’opportunità – se ve ne è qualcuna – di essere Capitale Italiana della cultura, per un altro paio di mesi.
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L’anteprima di Sette note in sette notti

L’esempio viene dal fine settimana appena trascorso. Nessuna città, nessun Festival di quelli più celebrati, perché ben comunicati, in giro per il Paese, avrebbe potuto mettere insieme, in 24 ore, un programmino di questo tipo:

– venerdì: ore 17 tour in città alla scoperta di piccole e grandi ricerche nell’ambito della Notte dei ricercatori (ben riuscita e ben organizzata dallo staff dell’Università); ore 22, concerto in Piazza del Campo, sempre per la Notte dei Ricercatori, capace di richiamare diecimila persone;
– sabato ore 16 mostra dei Macchiaioli ai Rozzi: tra l’altro, per la prima volta visibili le cartoline che Fattori inviava alla figlia, nel 1900, con incisioni a colori fatte a mano dall’artista;
 – ore 17,30: le curiosità della Maestà di Simone Martini nella Sala del Mappamondo, con degustazione di vino e performances musicali di giovani dell’Istituto Franci e di Fondazione Siena jazz. Due ore ben assortite dall’assessore Sonia Pallai – una che chiacchiera poco e che fa parecchio – , durante le quali c’è scappato il tempo – per chi ha voluto – di mettersi a rimirare ancora la bellezza degli affreschi attigui del Buon Governo, o di affacciarsi alla finestra per rimirare l’Amiata laggù in fondo.
– ore 21,15: La Divina Bellezza, la proiezione in Piazza Jacopo della Quercia, emozionante (per me, ovviamente) e sufficiente a dare almeno un’infarinatura dell’unicità di Siena.
– Domenica: Immersione lungo la Via Francigena, oppure viaggio alla scoperta delle Crete Senesi, oppure tour delle cantine del Chianti, o itinerari verso Pienza e San Gimignano. A sera, relax in qualche vasca termale, magari al chiaro di luna.
Aggiungeteci le suggestioni di Piazza del Campo, le auto d’epoca che sono transitate in mattinata, perfino gli animaloni colorati sparsi di fronte ai negozi; e le tentazioni gastronomiche di quei locali – ce ne sono ancora – che sfuggono dal mero intento di fregare il turista in fugace transito. E tanto per aggiungere qualcosa della settimana entrante: da martedì con il Terre di Siena Film Festival di Maria Pia Corbelli, c’è addirittura un red carpet, con anteprime di film importanti e celebrità sparse per Siena.
Nessuna città ha offerto un week end così. Nessuna città ha intorno delle Terre senesi così belle, con cui fare rete. Solo che era tutto alla rinfusa. Non c’era nessun progetto organico, nessuna condivisione, nessuna proposta unica di un calendario, pure così interessante. Nessuno, tra gli organizzatori, ha fatto “rete”. Proprio come il Siena.
E allora questo naturale “Festival della bellezza”, andato in scena nel week end, è risultato senz’altro gradito ai non pochi senesi che hanno partecipato, ma ha potuto produrre effetti positivi per il Pil cittadino, non così incisivi, come avrebbe potuto accadere se ci fosse stata una rete – appunto – in grado di ottimizzare lo sforzo di tutti gli organizzatori, supportato da una adeguata comunicazione ben al di là delle mura senesi e in azione mesi e mesi prima.
Eppure le cose ci sono, i contenuti ci sono. Le offerte degli ultimi mesi che vedono da una parte protagonista il Comune e dall’altra operatori privati, hanno una indubbia carica di attrattiva. Non sfruttata, purtroppo. Perché manca la rete e, più, in generale manca l’idea di città entro cui inscrivere tutto questo. Manca sia ai governanti, sia ai “nietcong” dell’opposizione, sia alle forze politiche dell’uno che dell’altro schieramento.
guiIn particolare è il Pd che latita di fronte alle responsabilità che pure dovrebbe avere la forza di maggioranza della città. Ma i democratici hanno ben altro fare. Lunedì 28 settembre 2015 sarà un’altra tappa di quello scontro interno che, a Siena, è l’unica reale attività del Pd dalla sua nascita, oltre a quella di aver gestito in modo fallimentare il potere derivante dal Monte dei Paschi. Litigare al proprio interno, centellinare gli equilibri fra le fazioni dei leader – si chiamino Ceccuzzi e Monaci, o Scaramelli e Dallai, il metodo è il solito – e scaricare poi il segretario provinciale di turno, in un afflato di amorosi sensi tra le varie correnti belligeranti, riunificate dall’intento comune di far fuori, nel caso di domani, il Guicciardini. Ma certamente non in grado di esprimere, nello stesso tempo il successore.
Tutti d’accordo nell’accantonare il Guicciardini, che ci penserà per proprio conto, senza congresso, e dunque senza che nulla sia cambiato nella composizione della Direzione Provinciale, uscita fuori in altre ere, dove i 132 membri rispondevano ad altri equilibri. Solo che nel mezzo c’è stato il tifone renziano-Scaramelli, con le oltre 15mila preferenze alle regionali. E allora l’attacco frontale di fine luglio dello Scaramelli al Guicciardini – che in quei giorni era in ospedale – avrà l’esito auspicato.
Esce di scena – salvo sorprese – un giovane dirigente, che ha lavorato per il suo partito in modo volontario, con passione vera. Una persona per bene, che ha fatto un solo letale errore: pensare di poter essere un punto di equilibrio, in stagioni radicalmente diverse, seppure ristrette in pochi anni. E nel bel mezzo di un partito che – a Siena – è poco più che un groviglio di veti incrociati e di guerricciole per obiettivi di breve respiro.
Guicciardini non è stato rivoluzionario come avrebbe dovuto esserlo un trentenne. Essere giovane e pensare vecchio, lo ha portato all’epilogo di queste ore. E con lui tutta una generazione di giovani, appassionati e preparati, che hanno però scelto di stare dentro le vecchie logiche del Pd senese, facendo finta di non vedere, e diventando dunque, anche loro vecchi a prescindere dalla carta d’identità. Saranno tra i più attivi, tra poche ore, nei messaggi affettuosi via Facebook verso Niccolò.
Anche nel Pd, dunque, di fronte alla necessità di allestire un nuovo gruppo dirigente, non saranno capaci di “fare rete”. Ognuno resterà con i propri tramagli e le proprie nasse. Perchè il Guicciardini se ne andrà, ma la Direzione Provinciale rimarrà quella. E se passeranno troppi giorni prima che sia indicato un nome e cognome come successore, se si andrà a reggenze estenuanti di comitati messi insieme contando i numeri della varie correnti, in attesa del congresso del 2017, allora vorrà dire che il Pd restituirà il favore alle opposizioni, da sempre in prima fila per puntellare cone le proprie strategie maldestre, la debolezza dei democratici.
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Pace fatta tra Eugenio Neri e Francesco Giusti?

Stavolta, dunque, potranno essere i “contras” – di cui è da segnalare la pace faisbucchina tra Neri e Giusti, interessante se avrà effetti concreti, anche perchè Giusti il 6 ottobre potrebbe essere il nuovo segretario provinciale della Lega – ad approfittare delle ennesime battagliette dentro il Pd. Che continua a non vedere ne’ il ripiegamento della città capoluogo, ne’ le difficoltà più generali delle Terre senesi, sempre più ai margini di quella Toscana, che si va riassestando, dopo le modifiche istituzionali, su direttrici che passano da altri territori. Più abili a fare rete.

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