FIRENZE – Al Teatro Verdi di Firenze per martedì grasso – il 21 febbraio alle ore 21.00 – in programma il celebre “Concerto per violino” di Čajkovskij, incorniciato dall’inventiva melodica di Lalo, l’innovazione della Suite del “Pulcinella” di Stravinskji e la frenesia danzante di “Le boeuf sur le toit” di Milhaud. Repliche in regione dal 16 febbraio a Figline, Carrara (17), Grosseto (18), Poggibonsi (20).

Sono i più giovani interpreti in stagione, già contesi dalle maggiori istituzioni musicali gli straordinari protagonisti di questa nuova produzione. Giuseppe Gibboni, classe 2001, ha il merito di aver riportato il premio “Paganini” in Italia dopo un quarto di secolo. Nel 2021 lo straordinario talento salernitano ha vinto uno dei concorsi di violino più importanti al mondo. In cinquantasei edizioni solo tre altri italiani ci erano riusciti: il primo, nel 1958, fu Salvatore Accardo. È con lui che Gibboni ha studiato all’Accademia “Stauffer” di Cremona (dove è stato ammesso a quattordici anni) e alla Chigiana di Siena.

Dal giorno della vittoria, Gibboni non ha più un giorno libero: tutte le stagioni concertistiche lo reclamano, e lui non si risparmia. Con l’ORT suona uno dei più esaltanti concerti mai scritti per violino, quello di Čajkovskij. Concepito sul lago di Ginevra nel 1878 e ispirato dal giovane Josif Kotek, allievo di cui il compositore si era invaghito: prima di diventare la partitura celeberrima che è oggi, maneggiata da ogni virtuoso dell’archetto che si rispetti, ha dovuto superare le diffidenze di pubblico e critica, ma è divenuta simbolo del lirismo di Čajkovskij.

Diego Ceretta, classe 1996, è stato l’unico italiano finalista al premio “Cantelli” nel 2020, direttore la cui carriera marcia in quarta da quando Daniele Gatti lo ha premiato come miglior allievo dei suoi corsi alla Chigiana e poi l’ha voluto, l’anno scorso, come assistente per la prima assoluta del Julius Caesar di Giorgio Battistelli all’Opera di Roma.

La bacchetta milanese propone nel suo debutto con l’ORT la celebre Suite da Pulcinella di Igor Stravinskij, pagina che sancisce la nascita del neoclassicismo in musica. Interessante la scelta di altri due lavori francesi, l’Aubade di Édouard Lalo, secondo movimento del Divertissement (1872), episodio danzato dell’opera “Fiesque”, dove si apprezza la inventiva melodica e ritmica con cui l’autore rinnovò la musica da camera francese; in chiusura Le boef sur le toit (“Il bue sul tetto”) di Darius Milhaud, titolo nonsense che è un susseguirsi di temi del folclore brasiliano assemblati secondo la tecnica rapidissima del montaggio cinematografico. Milhaud conobbe la fama internazionale proprio grazie a questo balletto (scritto nel 1919, presentato nel 1920 al Théatre des Champs-Élysées) che travolge ancora oggi con la sua irresistibile frenesia danzante, portando con sé il segno di quegli anni parigini, dominati da uno spirito trasgressivo e sarcastico. Tale fu fin dall’inizio il suo successo che Bouf sur le toit è il nome che venne dato ad un noto locale di Parigi, ancora oggi esistente.

Articolo precedenteBoom di turisti per il Carnevale 2023. Cinque milioni di visitatori in una settimana
Articolo successivoDiari 2023. A Rosignano Marittimo la conferenza scenica de I Sacchi di Sabbia e lo spettacolo “Trucioli” firmato Gli Omini