Prosegue il confronto e il dibattito acceso come in un ring nel Partito Democratico a Siena. Oggi a far esplodere le polveri è un intervento di Simone Vigni, responsabile organizzazione dell’unione comunale, sul Corriere di Siena (leggi). Al di là del titolo (Chiudere la stagione dei veleni) che sembrava invitare tutti a ritrovare l’unità politica, Vigni si scaglia contro la sinistra democristiana, il centrodestra e rinnova la parola d’ordine, «discontinuità», che aveva caratterizzato le ultime fasi della giunta Ceccuzzi. Mentre rilancia definitivamente la candidatura di Ceccuzzi a sindaco.
L’intervento sembra anche dare una risposta alla domanda che qualche tempo fa i sindacati della banca Mps ponevano allo stesso Pd: da che parte sta il partito se con i lavoratori o con il presidente Profumo (leggi). «Oggi la senesità della banca non dipende più da un numero come erroneamente si è ideologizzato in passato ma dalla redditività ed è proprio questa la sfida più importante da vincere». Nelle settimane scorse lo stesso presidente Profumo e l’ad Viola hanno spiegato che la redditività passa anche da una razionalizzazione dei costi e del personale, oggetto oggi di un duro confronto sindacale mentre è pronta la lista delle prime 100 filiali inchiusura a fine novembre (leggi).

« Colpa della sinistra democristiana» Sempre Vigni, da responsabile organizzativo, poi torna ad accusare il presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini che non avrebbe «la legittimità per modificare lo statuto della Fondazione». Un chiaro stop al percorso intrapreso in Palazzo Sansedoni da qualche settimana. Addirittura «si parla di tentazioni golpiste che vorrebbero ridurre il peso degli enti locali e soprattutto del Comune di Siena per staccare la Fondazione dalla città». Poi una stoccata a chi avrebbe avuto ruoli di responsabilità dentro la banca e in fondazione e che «ha avuto le sue punte di diamante in una parte della sinistra democristiana, condizionando le acquisizioni e talvolta rivelatesi troppo onerose e talvolta sbagliate». Riferimento chiaro ad Alberto e Alfredo Monaci e allo stesso Mancini. Dunque, per Vigni, le responsabilità di quello che accade in banca e fondazione sono da individuare in questa parte politica. Salvo poi scrivere che il «Pd si è assunto la responsabilità politica legata al governo cittadino ma non può assumersi quella gestionale di Mps». In pratica vengono addossate le colpe alla sinistra democristiana ma non al Pd. Sebbene quest’ultima sia parte fondante del stesso partito. E questo francamente appare un passaggio poco chiaro, anche perchè la DC venne sciolta nel 1994 da Mino Martinazzoli.

La ricandidatura di Ceccuzzi Infine, si ribatte la «paura della ricandidatura del sindaco uscente (Franco Ceccuzzi) che ha avuto il coraggio di aver  aperto una nuova stagione per la città». E se questo è pur vero (quella che stiamo vivendo è a tutti gli effetti una nuova stagione) è anche vero che ad oggi una vera e propria ricandidatura di Ceccuzzi non era ancora stata palesata. Vigni se ne fa promotore. Ma è da chiarire se anche il partito nel suo insieme è d’accordo.

« Sconfessati dieci anni di politica» A questo intervento che avrebbe dovuto «chiudere la stagione dei veleni», replica immediatamente Alessandro Pinciani, portavoce dell’associazione Confronti e vicepresidente della Provincia. Pinciani non ci sta e ribatte punto per punto evidenziandone le contraddizioni (leggi). «Simone Vigni sconfessa dieci anni di operato di Franco Ceccuzzi e Giuseppe Mussari», scrive. «Se l’attuale dirigenza del Pd comunale di Siena vuole seguire la strada della cosiddetta discontinuità chieda conto a Ceccuzzi delle sue posizioni passate e sostenga la promozione di un’azione di responsabilità nei confronti di Mussari». Pinciani ricorda poi che se «il mantenimento della maggioranza assoluta delle azioni Mps da parte della Fondazione era un ‘errore ideologizzato’» allora il Partito deve chiedere «conto a Ceccuzzi del perché tutta la sua campagna elettorale per le comunali del 2011 venne fondata proprio sulla difesa del 51%». Una stoccata anche sulla domanda dei sindacati rispetto a come si colloca il Pd tra lavoratori e azienda. «I nuovi profeti discontinuatori spieghino ai dipendenti Mps per quale motivo è proprio il mondo professionale della Banca l’unico a dover pagare per gli errori del passato. Chiamare in causa fantomatici complotti della ex sinistra Dc è materiale per un remake del film ‘Good Bye Lenin’».

« Fondazione dica no a modifiche statuto» Ed in vista dell'assemblea dei soci del prossimo 9 ottobre è sempre Pinciani a chiedere al presidente della Fondazione Mps Gabriello Mancini «di intervenire e far sentire la propria voce contro le modifiche statutarie della Banca in discussione» (leggi). Confronti chiede se le modifiche statutarie, su richiesta avanzata dallo stesso Profumo «per vedersi attribuiti poteri forti in materia di cessione rami d'azienda e nomine di figure dirigenziali, significhino la messa in discussione dell'attuale ad». Sul tema delle modifiche statutarie lo stesso presidente Profumo ha spiegato come queste hanno il compito di «semplificare alcuni processi decisionali, cosi' come richiesto anche dall'azionista di riferimento», e che anche l'assemblea dei soci della banca aveva chiesto che l'ad «avesse la possibilita' di gestire anche le risorse umane». 

La Banca fa chiarezza sulle modifiche statutarie E' poi una nota stampa di Banca Monte dei Paschi a fare chiarezza sulle modifiche statutarie ribadendo i concetti già anticipati dal presidente Profumo in un'intervista in esclusiva (guarda) rilasciataci sabato scorso. Una nota che segue diversi interventi politici e istituzionali tra cui anche quello dell'associazione dei dipendenti azionisti (leggi). Le modifiche statutarie che saranno proposte all'Assemblea dei soci di Banca Monte dei Paschi del 9 ottobre «non prevedono nessuna delega operativa in capo al presidente Profumo – si legge nella nota -, né tantomeno alcun ridimensionamento dei poteri dell'amministratore delegato Fabrizio Viola. Sull'articolo 17, infatti, relativo ai poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione spettanti al Cda della banca, è stata proposta,  per quanto riguarda la figura del presidente del CdA, solo la seguente integrazione: "deliberare, su proposta del presidente, la nomina e la revoca dei responsabili delle strutture a riporto diretto del Consiglio di Amministrazione e di adottare ogni provvedimento riferentesi al loro stato giuridico ed economico". Questo perché, così come richiesto dalle normative, il responsabile della funzione di controllo interno deve riportare direttamente al CdA e, conseguentemente, laddove il CdA stesso debba effettuare la nomina non può essere l'amministratore delegato a fare la proposta. Inoltre – prosegue ancora la nota di MPS -, in merito all'articolo 13 sulla dismissione dei rami d'azienda, Banca Monte dei Paschi di Siena chiarisce che, in ottemperanza alle prassi diffuse nel mercato e nel sistema bancario attuale, la proposta di modifica fa riferimento esclusivo al passaggio della funzione decisionale dall'assemblea dei soci al cda, così come già accade per la cessione delle partecipazioni. Pertanto, tale materia non sarà più sottoposta – come ora – alle autorizzazioni assembleari ma sarà soggetta alla esclusiva deliberazione del consiglio d'amministrazione. Si tratta, in tal senso, di un semplice assestamento dei processi alle norme condivise da tutto il sistema bancario».

La stagione dei veleni continua Insomma, ce n’è di benzina sul fuoco ancora da bruciare prima che si chiuda «la stagione dei veleni». Una domanda ci sia consentita: con questo clima da pugilato dentro il partito di maggioranza relativa in città (continuatore di una storia di governo ininterrotta per tanti decenni) c’era qualcuno che veramente voleva andare ad elezioni a novembre?

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