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SIENA – Che succede ora? E’ una domanda che ricorre ogni qualvolta si parla dell’indagine che ha coinvolto l’operazione Mps-Mediobanca e i principali protagonisti.

Una questione che però non rimane sospesa nel nuovo, perché gli analisti che si sono espressi finora, sono compatti nel dire che “non succederà niente”. Ovvero la scalata di Montepaschi a piazzetta Cuccia resta valida, anche se la Borsa ha picchiato duro sul titolo senese. Gli effetti, in caso ci siano, riguarderanno le singole persone semmai. I pm milanesi hanno messo sotto indagine, per aggiotaggio e ostacolo all’autorità di vigilanza, l’ad di Rocca Salimbeni, Luigi Lovaglio, l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e il presidente di Delfin Francesco Milleri. Sospettati di aver concordato le mosse che hanno l’istituto senese a prendere il controllo di Mediobanca, a partire dalla vendita delle quote del Mef, pari al 15%, nel novembre 2024.

Dalle opposizioni non a caso si è alzata la richiesta nei confronti del ministro Giancarlo Giorgetti, difeso a spada tratta in questo ore sia da Antonio Tajani che da Matteo Salvini, di venire a riferire al Parlamento. Nelle carte dell’inchiesta risaltano i contatti telefonici su alcune persone coinvolte, in particolare tra Lovaglio e Caltagirone. All’interno dei quali trovano spazio anche riferimenti al ministro dell’Economia e altri esponenti del mondo politico e finanziario.

In attesa degli sviluppi d’indagine, dal punto di visto pratico il ciclone giudiziario-mediatico potrebbe condizionare il futuro di Lovaglio, soprattuto. Il manager è atteso tra pochi mesi dalla presentazione di una strategia d’azione per il nuovo soggetto Mps-Mediobanca e, successivamente, dovrà affrontare il rinnovo dei vertici di Montepaschi, con il cda in scadenza. Partite che rischiano di diventare complesse, sempre che a Milano non si sgonfi tutto all’improvviso.

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