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PISA – La Toscana nord-occidentale si conferma come uno degli ultimi territori italiani dove è stata documentata la presenza dei Neanderthal prima della loro estinzione.

Lo rivela un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Plos One, coordinato dal ricercatore Jacopo Gennai del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, in collaborazione con la professoressa Elisabetta Starnini.

La ricerca ha coinvolto anche studiosi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, dell’Università di Roma Tor Vergata e dell’Università di Vienna, concentrandosi su due siti paleolitici situati nel comune di Massarosa, in provincia di Lucca: la Buca della Iena e la Grotta del Capriolo.

Attraverso l’analisi di materiali già noti dagli scavi degli anni ’60, riesaminati con moderne tecnologie come la datazione al radiocarbonio applicata con protocolli avanzati dall’Università di Vienna, è stata stimata la presenza dei Neanderthal in questi siti a circa 42.000 anni fa, ovvero intorno al 40.000 a.C.

Questa datazione colloca la Toscana nord-occidentale tra le ultime testimonianze della presenza neandertaliana in Italia, accanto a siti noti in Liguria (Balzi Rossi) e Campania (grotte di Castelcivita).

Lo studio offre nuovi elementi per comprendere la fase finale dell’esistenza dei Neanderthal nel nostro Paese, in un’epoca segnata dall’arrivo dei primi gruppi di Homo sapiens provenienti dall’Africa e dal Vicino Oriente.

Inoltre, il riesame delle ossa animali, condotto da Angelica Fiorillo dell’Università di Roma Tor Vergata, ha evidenziato la coesistenza e l’interazione tra Neanderthal e grandi carnivori. In particolare, la Buca della Iena, come suggerisce il nome, era principalmente una tana di iene che popolavano l’Europa fino alla fine dell’Era glaciale, ma ospitava anche gruppi neandertaliani.

Questa scoperta si inserisce nel quadro più ampio degli studi sulla scomparsa dei Neanderthal in Italia e nel Mediterraneo occidentale, che non sembrerebbe essere stata causata da cambiamenti climatici drastici, ma probabilmente da una complessa serie di fattori, tra cui l’interazione con i primi Homo sapiens e condizioni ambientali locali.

La ricerca rappresenta un importante contributo per la paleoantropologia italiana, arricchendo la conoscenza sulle ultime fasi della presenza neandertaliana e sulle dinamiche che hanno portato alla loro estinzione nel nostro territorio.