droga_1.jpgCinque ordinanze di custodia in carcere, altrettante ai domiciliari e due misure interdittive nell’inchiesta che ha portato ad una operazione contro il traffico internazionale di cocaina, condotta dal Nucleo investigativo dei Carabinieri di Livorno e dal nucleo polizia tributaria della Guardia di Finanza di Pisa. Le indagini sono collegate a quelle sull’omicidio di Giuseppe Raucci, il 48enne trovato morto il 10 dicembre 2015 a Ginestra Fiorentina. L’ organizzazione smantellata oggi è collegata alla ‘ndrangheta in Toscana e l’operazione ha interessato le provincie di Vibo Valentia, Prato, Pistoia, Firenze e Livorno. L’operazione ha consentito di recuperare oltre 130 chili di droga.

I pizzini lasciati al cimitero Un gruppo di dipendenti ‘infedeli’ del porto di Livorno garantiva lo sbarco e il prelevamento di ingenti quantitativi di cocaina dai container, contrattata da cosche della ‘ndrangheta in Colombia e spediti per lo smercio su tutto il territorio nazionale. E’ quanto emerge dall’operazione ‘Akuarius 2’ di Guardia di Finanza di Pisa e Carabinieri di Livorno, coordinata dalla Dda di Firenze. Quasi tutti i dieci arrestati, in carcere e ai domiciliari, risultano essere legati alle attività mercantili del porto di Livorno. Altre due misure interdittive hanno riguardato due guardie giurate del porto. Secondo le indagini, i dipendenti infedeli erano a libro paga del loro referente locale collegato a soggetti calabresi, un 68enne, arrestato in carcere, a sua volta compensato mensilmente con 20mila euro proprio per gestire a Livorno l’uscita dal porto dei carichi di cocaina. Suo referente in Calabria un 50enne, bloccato stamani a Vibo Valentia e ora in carcere. L’uomo avrebbe garantito la complicità dei vigilantes e dei portuali arrestati per individuare i container con la cocaina, entrare nel porto di notte per togliere i sigilli e prelevare la droga, quindi trasportarla all’esterno dello scalo labronico per la distribuzione alle cosche interessate. Un processo logistico, hanno spiegato in una conferenza stampa a Firenze il Procuratore Giuseppe Creazzo e gli investigatori, molto laborioso e anche lungo nel tempo per eludere i controlli e non farsi scoprire. ‘Pizzini’ coi numeri giusti dei container da aprire illegalmente venivano scambiati di nascosto, anche al cimitero, mentre i vigilantes indagati provvedevano ad fare introdurre nel porto le auto su cui veniva trasportata la droga.

Un traffico di 437kg di coca pura al 90% In circa un anno e mezzo di indagine gli investigatori hanno quantificato un traffico di cocaina tra il Sudamerica e il porto di Livorno di circa 437 kg, tutto stupefacente puro al 90%. Solo il sequestro fatto sotto casa del 68enne nel settembre 2016 di 134 kg (120 panetti in cinque grandi zaini) di cocaina sarebbe valso sul mercato degli stupefacenti circa 5 milioni di euro per l’organizzazione. Il gruppo livornese – che faceva base in via della Bassata, zona Darsena – è detto dei ‘pesci’, anche per la capacità di agire nel porto fra merci e container e avrebbe costituito una specie di service a Livorno per le cosche che importano cocaina ed altre droghe dall’estero in Italia. Carabinieri e Finanzieri li hanno costantemente monitorati, sia con pedinamenti sia con intercettazioni. Decisive le intercettazioni al 68enne, che, nonostante fosse già agli arresti domiciliari nell’ambito della prima fase dell’operazione ‘Akuarius 2’, continuava dalla sua casa a tenere i contatti con la Calabria, a ricevere incarichi per il recupero della droga nel porto di Livorno e ad organizzare i rapporti con i portuali che aveva ingaggiato.

Articolo precedenteZona Kalinic. Il bomber viola segna ancora allo scadere e regala 3 punti alla Fiorentina
Articolo successivoMatematica, che fatica. Arriva da Pisa il test per valutare le abilità dei bambini