dickMettete che il presidente Roosevelt sia uscito di scena assai prima di Pearl Harbour e che a succedergli siano stati presidenti incapaci di tenere testa Hitler. Mettete che Rommel non abbia perso la campagna di Africa, che a Stalingrado non sia andata come è andata e che nella guerra del Pacifico si siano imposti i giapponesi. Mettete tutto questo e tuffatevi nelle pagine de “La svastica sul sole” di Philip K. Dick (Fanucci editore), libro che ho colpevolmente ignorato per tanti anni, forse catalogandolo come letteratura di genere, roba da consumatori voraci di fantascienza.

Perché poi fantascienza? Anche se i tedeschi, nuovi signori del mondo, oltre a risolvere il “problema slavo”, oltre a cancellare i popoli dell’Africa, hanno già trovato il modo di organizzare spedizioni per la colonizzazione di altri pianeti, questa non è fantascienza, casomai fantastoria, meglio ancora ucronia: un’altra possibilità della storia, tra le tante.

Ma no, non è nemmeno questo. Forse temevo di trovarmi dentro un film americano di serie B. Tipo gli ultimi patrioti americani che lottano contro il gigante del male e tengono accesa la fiamma della speranza, rendendo possibile l’impossibile. Libro tutto d’azione, potenza di fuoco e morti a grappoli.

In queste pagine, invece, morti non ce ne sono. Ce ne sono stati fin troppo prima. Ma sono ormai passati diversi anni dalla fine della guerra, i tedeschi hanno in pugno il mondo, il controllo dell’America semmai è conteso con i giapponesi, ma non c’è niente di simile a una resistenza. Piuttosto si tratta di adeguarsi a ciò che di pretende da un popolo sottomesso.

C’è solo una verità alternativa, che non è una verità, ma un sogno contenuto in un libro proibito, che racconta ciò che non è successo: dice che alla fine i nazisti hanno perso la guerra con gli americani…. E’ possibile sognare? E’ possibile che la narrazione possa riscrivere la realtà?

E così questo libro – che avevo preso così sottogamba – diventa anche una formidabile occasione di riflessione sul potere dei libri.

 

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