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FIRENZE – Il prossimo 3 giugno è previsto uno sciopero generale di tutta la giornata dei lavoratori di Poste Italiane, indetto dalle sigle sindacali Slc Cgil e Uil Poste, in risposta ai tagli e alla riorganizzazione aziendale che penalizzano il personale e i servizi.

Proteste e presidio a Bologna
I lavoratori delle regioni Marche, Umbria e Toscana parteciperanno a un presidio davanti alla sede della Regione Emilia-Romagna a Bologna, manifestando contro le decisioni aziendali che prevedono riduzioni di organico e chiusure di uffici postali.

Tagli e riorganizzazione nelle Marche
Nelle Marche, su circa 800 portalettere, sono previsti tagli per 104 unità, con la chiusura degli uffici recapiti di Castelfidardo e Cupramontana, in provincia di Ancona. Al posto dei portalettere interni tagliati, l’azienda ha scelto di assumere 39 corrieri esterni, che lavoreranno 39 ore settimanali invece delle 36 degli attuali dipendenti. Restano inoltre in attesa ulteriori decisioni sui tagli agli uffici postali, attualmente circa 400 nella regione.

Situazione in Toscana e Umbria
In Toscana, lo sciopero arriva in un contesto di carenza di personale e tagli previsti: mancano già 160 operatori sportello e sono previste 210 zone di recapito da tagliare entro il 2026, con il rischio di numerosi esuberi tra i portalettere. I corrieri dovranno inoltre lavorare tre ore in più a settimana. La riorganizzazione è contestata perché si basa su dati di calo della corrispondenza non allineati con le stime ufficiali e non considera l’aumento delle consegne pacchi e nuovi servizi.

In Umbria, la situazione è altrettanto critica, con tagli del 30% delle zone di recapito a Terni e carenze croniche di personale negli uffici postali, che funzionano grazie a straordinari e sacrifici. I sindacati denunciano la mancanza di confronto con l’azienda e la volontà di comprimere i costi del lavoro per massimizzare i profitti, a scapito di utenti e dipendenti.

Le ragioni dello sciopero
Le motivazioni alla base della protesta includono la contrarietà alla politica dei dividendi agli azionisti, che lascia “briciole” ai lavoratori, il rifiuto del lavoro povero e precario, i tagli alle zone e agli organici, e una riorganizzazione che non tiene conto delle esigenze di chi lavora. I sindacati chiedono stabilizzazioni, trasformazioni contrattuali, mobilità interna e maggiori investimenti in sicurezza sul lavoro. Inoltre, si oppongono alla vendita delle quote azionarie di Poste da parte del Ministero delle Finanze, sostenendo che Poste deve rimanere in mano pubblica per garantire un servizio essenziale e un ruolo sociale.

Contesto aziendale e sindacale
Negli ultimi anni, Poste Italiane ha visto un aumento dei ricavi e degli utili, con un utile record di 2 miliardi di euro nel 2024, di cui 1,4 miliardi distribuiti agli azionisti. Nel contempo, il numero di precari è più che raddoppiato, mentre l’organico stabile è diminuito significativamente. I sindacati denunciano che il rilancio dell’azienda non può avvenire a scapito delle condizioni di lavoro e della qualità del servizio, e criticano la progressiva chiusura degli uffici postali, soprattutto nelle aree interne e periferiche, che rappresentano presidi di coesione sociale.

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