Alessandro Vigni è uomo di sinistra. La sua candidatura non è di quelle buone solo a marcare un confine ideologico o a piazzare la classica bandierina. Lo spessore politico, l’affascinante esperienza amministrativa che Vigni ha maturato nel campo minato dell’urbanistica (fu promotore della ZTL a Siena), in tempi che oggi invidiamo per vitalità di passioni e fervore politico, non lasciano dubbi che Alessandro Vigni abbia accettato la candidatura per vincere le elezioni.

Come nasce la sua candidatura?
«Dalla esigenza di dare a questa città una visione politica e dal fatto che non c’è una figura di governo appropriata per quelli che sono i bisogni reali di Siena».

Lei che ha vissuto sulla propria pelle i cambiamenti della sinistra, che sinistra oggi la sostiene?
«L’unica che c’è oggi in città, che è Sinistra per Siena e Potere al Popolo per cambiare Siena».

E’ una risposta immagino provocatoria, che esclude il Partito democratico, reo di essersi fatto carico delle responsabilità di governo dei contesti amministrativi, e di aver ampliato al centro moderato le ambizioni di consenso . Un peccato tutto sommato  perdonabile dal fatto che i fini giustificano i mezzi, ciò può valere anche per un uomo di di sinistra, non crede?
«Penso che a provocare invece sia lei. Guardi, per l’uomo di sinistra come lo chiama lei, il Pd semplicemente non può essere una formazione di sinistra. Non è possibile considerare di sinistra un partito moderato che guarda al centro più che alla sinistra, perché alla fine il moderatismo finisce con l’essere conservazione».

Mi sa che non ne usciamo …
«No, davvero. Lei dice che il Pd si è fatto carico della responsabilità di governo, e come ha messo in pratica questa responsabilità? Con quali azioni e scelte di sinistra? Privatizzare i servizi pubblici al cittadino non è propriamente un esercizio di sinistra. Sono riusciti a privatizzare anche la gestione dei cimiteri, mi dice lei come si fa a pensare che il Pd sia di sinistra? Se sono servizi al pubblico l’utile di gestione deve essere letto in termini sociali e non attraverso strumenti di analisi economica o peggio ancora con approcci aziendalisti. Prendiamo ad esempio l’Acquedotto del Fiora, sedici anni fa i cittadini di Siena pagavano per un metro cubo di acqua 600 lire, oggi che il Fiora è privatizzato fa pagare per lo stesso metro cubo 4 euro. Così chiude il proprio bilancio con 7 milioni di utili di cui 2 verranno distribuiti ai soci, tra i quali si è vero ci sono degli enti locali, ma ci sono anche società private che operano con esclusive finalità di mercato».

Però se l’azienda guadagna e reinveste per migliorare la rete idrica questo comunque sarebbe  un bene per la collettività, come pure per tenere le tariffe calmierate.
«Si, ma lei sa bene che questo non avviene. L’azienda non investe, la rete fa segnare un 40 percento di perdite, così  la gestione privatistica diviene meramente finalizzata a fare soldi, alle spalle del cittadino che non vede nemmeno ridurre le tariffe che aumentano sempre di più. E guardi che di esempi come il Fiora ce ne sono tanti, perché il Partito Democratico in questi anni non ha fatto altro che spingere per privatizzare tutto ciò che era gestione pubblica delle amministrazioni, come la sanità, i rifiuti, la pubblica illuminazione e persino i cimiteri».

Dalla campagna elettorale sembra emergere un filo conduttore tra tutti i candidati che è quello di rendere Siena più funzionale e rispondente alla modernità. Possiamo ascrivere ai funzionalisti anche lei?

«A me sembra che i candidati si limitino a balbettare su aspetti marginali, evitando di farsi carico delle questione concrete e questo perché mancano tutti di una visione ideale da tradurre in politiche razionali. Abbiamo la più grande ZTL d’Europa e allo stesso tempo ci sono grandi problemi con la gestione dei parcheggi e la loro interazione con gli impianti di risalita, tra l’altro quasi sempre inaccessibili ai portatori di handicap. C’è il problema di rivedere il sistema del trasporto pubblico e mettere in rete le periferie e queste con il centro. Poi c’è la questione urbanistica dalla quale i miei colleghi candidati stanno bene attenti a tenersi a distanza».

Le questioni urbanistiche sono sempre questioni scottanti, dove si rischia il voto. Casomai gli altri candidati ne parleranno dopo, una volta eletti.
«Sì, come affronteranno la questione, con quale approccio? Se si ha intenzione di governare in nome della politica, in nome dei cittadini e non delle lobby bisogna farsi carico delle questioni cruciali coinvolgendo le comunità nelle scelte. Non è escludendoli che si risolvono i problemi».

Che questione urbanistica c’è a Siena?
«C’è bisogno di un piano urbanistico per il recupero dei palazzi storici e di tutti gli edifici non utilizzati, sia pubblici che privati. Questo è il vero tema del centro storico, perché si ravvisano due aspetti che contemporaneamente stanno stravolgendo il volto di Siena: da una parte l’abbandono ed il conseguente degrado di edifici importanti che finiscono con il deturpare l’ambiente urbano. E dall’altro la facile concessione ad iniziative che finiscono con il trasformare radicalmente la destinazione storica di palazzi ed aree. Sono due processi entrambi deleteri, degrado e disnaylizzazione».

La questione della sicurezza sembra essere non di secondaria importanza, almeno stando ai dati ufficiali degli istituti di pubblica sicurezza. Lei come intenderebbe affrontarla?
«Non certamente aumentando la polizia nelle strade o il numero di telecamere, ma attraverso un piano di coesione sociale. Attraverso i centri sociali, gli incontri nelle periferie con la gente, con gli anziani, il dialogo e la presenza civile sul territorio. La presenza di solidarietà diviene elemento di controllo. Guardi, a me vedere i parà a piazza Duomo o al Campo mi fa ridere. Mi dice lei cosa possono fare per la sicurezza così come sono armati fino ai denti?».

Vabbè quando uno li vede si sente anche un tantino più sicuro, del resto lei ha citato piazze affollatissime di gente.
«Guardi che la sicurezza non si fa spaventando la gente».

La storia recente di Siena parla di un sistema bancario locale che ha vissuto grandi difficoltà. A suo avviso quali sono le responsabilità dei senesi?  Ricordo che all’epoca della Grandeur non si faceva altro che parlare di senesità.
«I senesi non hanno un grande spirito critico nei confronti del potere. Per questo forse Siena non si è accorta per tempo di quello che stava succedendo. I nominati in MPS e Fondazione sono state pedine di una manovra precisa di esproprio della città. A Siena sono stati depredati decine di miliardi di euro. Alle responsabilità vanno ascritti anche i dirigenti della banca, che invece di ascoltare la città preferivano ascoltare i vari D’Alema o Draghi. La colpa è tutt’altro che della senesità ma di un preciso disegno ideologico e strategico. L’obiettivo era quello di eliminare dal sistema bancario europeo e italiano un competitor diverso, autonomo e legato al suo territorio. Il problema casomai è di chi parlava di senesità e poi avallava le operazioni più spregiudicate sotto il profilo finanziario. Ogni cosa fatta è servita a depredare la banca e i suoi azionisti».

C’era chi criticava, però non veniva ascoltato.
«Si, certo, ma erano voci fuori dal coro. A me impressiona il fatto che istanze politiche moralizzatrici siano state messe a tacere. La Lega ha azzerato per ben due volte i vertici della dirigenza senese e il Movimento Cinquestelle addirittura non si vede riconoscere la concessione del simbolo per la competizione amministrativa, rimanendo di fatti fuori dal consiglio comunale».

Lei vede un disegno preciso in tutto quanto avviene? Nulla è per caso?
«E’ come se vi fosse una volontà di mantenere il coperchio sulla vicenda MPS. Si, le cose vengono  dette, ma ci sono dei livelli, delle cose che non devono emergere. Del resto la banca è stata depredata da un sistema che abbracciava una larga fetta di società civile nazionale. Basta guardare i crediti deteriorati, risalire ai responsabili, a chi il finanziamento l’ha preso. E a volte non basta, perché ci sono titolari di credito ai quali non è possibile dare un volto. Si pensi ai 24 miliardi di crediti non riscossi ceduti recentemente da MPS, ricavando appena il 10 percento del totale di cui non abbiamo modo di conoscere l’ elenco di titolari. Chi ha preso quei soldi?».

Ravvede una questione femminile? Voi candidati sindaci siete tutti maschi. Anche a livello nazionale le conclavi sembrano avere protagonisti solo uomini, eccezion fatta per qualche figura marginale. Poi c’è il  sistema della doppia preferenza, che può essere espressa in caso di voto dato ad una donna. Che idea si è fatto?
«Purtroppo si, ci sono grossi problemi per una donna che vuole fare la politica. Le esigenze di famiglia le limitano molto, gli uomini hanno certamente più facilità ad organizzarsi. Noi avevamo pensato a candidare sindaco Sabrina Pirri, ma purtroppo non ha potuto accettare per impegni familiari. E’ il nostro capolista».

In caso di ballottaggio accordi ne farebbe?
«Al ballottaggio ci vado io perché lo schieramento a cui faccio riferimento a sinistra non ha alternative che me. Poi ci sono i pentastellati che non vedo proprio per chi possono votare se non per il sottoscritto».

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