Navigare sul nuovo sito internet di Sienalibri, compulsarne il catalogo, scuriosare nelle sue vetrine, dà veramente la percezione di quanto ampia e variegata sia la pubblicistica legata a Siena. Pare quasi che un racconto ininterrotto e tuttora aperto ci affabuli senza sosta su una storia – quella, appunto di Siena e delle sue terre – ormai leggendaria.
Del resto non esiste mito che non sia letterario, poiché esso nasce sempre da una narrazione. E così è accaduto anche per le terre senesi, in ragione della loro storia, arte, tradizioni. Di queste terre, infatti, già si parla sui medievali libri indulgentiarum (i libri dei pellegrini che andavano a Roma, i cosiddetti romei), sui taccuini (talvolta noiosi e pedanti) dei viaggiatori del Grand Tour europeo, su numerose e variegate pagine di letteratura ottocentesca e novecentesca.
Il vero “scritto letterario” – anche quello a tema senese – comincerà, però, alla fine del Settecento, con l’inizio del Romanticismo, allorquando al manuale di viaggio semplicemente descrittivo si vorrà aggiungere la proiezione psicologica di stati d’animo e di riflessioni che scaturiscono dalla seduzione pittoresca dei luoghi: è allora che subentra anche il racconto emotivo, sviluppato attraverso i filtri e i parametri culturali di chi certi posti visitava. Nasce, dunque, il “viaggiatore sentimentale” di cui si ha una testimonianza significativa proprio nel Sentimental Journey di Laurence Sterne, pubblicato nel 1768 e reso celebre in Italia dalla versione di Ugo Foscolo del 1813.
Avviene, perciò, una sorta di scambio fra sentimento e scena paesaggistica. Dalla “vista” di un paesaggio si passa alla sua “visione”. Il paesaggio non trova più e soltanto una sua descrizione estetica ma anche estatica. Si inaugura la categoria del “pittoresco”, la degustazione estetizzante e nostalgica di un luogo.
Non sfuggono a tale approccio nemmeno Siena e le sue terre, al punto che i racconti che se ne faranno, da ora innanzi non parleranno tanto di quanto esse mostrano, ma di ciò che quei luoghi “sembrano”.
Sulla scia delle suggestioni romantiche si giungerà così al Novecento – quando, cioè, pure il mito di Siena è ormai consolidato – e si incontreranno pagine come quelle di André Suarès, fin troppo eccessive per la loro foga estetizzante: “Finalmente, ti ho vista, mia fidanzata tutta verginità e passione. Finalmente, ti ho trovata, o città tanto cercata, e tu mi hai accolto, come se mi avessi desiderato. […] Che niente mi sfugga di lei o mi sia sottratto. Come in amore, la vorrei tutta, e in una volta sola, e con un tale e così perfetto amplesso, che non uno dei suoi angoli mi sia vietato, non uno dei suoi recessi mi sia estraneo”.
L’esagerata prosa di André Suarès, fa comprendere, se non altro, quanto il mito di Siena si sia alimentato nel fascino di una visione straniante, anacronistica, immaginifica della città. Come, cioè, sia stato replicato oltre misura il frastornante riverbero della sua trascorsa civiltà, ponendola, però, in un contenitore quasi sempre vuoto, se pur prezioso. Quasi fosse una “città del silenzio” di dannunziana memoria, una città che non è reale, ma, come dicevamo prima, solo “visione”. Atteggiamento, questo, di origine romantica, ma che, a ben pensare, può trovarsi, sotto camuffate vesti, anche nel turismo becero e consumistico dei giorni nostri, allorché, stante la confusione delle identità, lo stravolgimento dei paesaggi esteriori ed intimi, si vada a cercare a prezzi “tutto-compreso” il brivido storico, la nostalgia del passato, la stravagante “cartolina”.
Se quindi abbondano le testimonianze su una città quasi fuori dal tempo, meno numerose sono quelle che di Siena sanno cogliere, per dirla con Alfonso Gatto, la sua valenza “antica” ma mai “remota”. Proprio il poeta siciliano scriverà, al proposito, una pagina di particolare pregio: “Fu detta e si dirà città di giovinezza una città tanto vecchia che sembra incredibile ai giovani? Forse in tutte queste parole che fanno spicco di sé solo per contraddirsi si salda già l’immagine di Siena, ch’è tanto vecchia proprio per la sua gioventù, per il suo passato prossimo che la lascia ancora intatta e inverosimile, vera qual è, e abitata lungo i secoli dai suoi testimoni fedeli”. Gatto prosegue le sue acute osservazioni dicendo ancora che di tutto ciò “i Senesi non se ne accorgono, ci son dentro, chiusi e protetti insieme, impreziositi se appena vi fanno spicco: ma basta venir da Firenze per aggirarsi subito in quella delirante contemporaneità propria della giovinezza che dà a Siena il palpito dell’avventura umana e l’emozione del vivere insieme in una cronaca”.
Sarebbe indubbiamente interessante approfondire le suggestioni di tali considerazioni, e giusto sul modo di decifrare Siena appare illuminante citare anche quanto ebbe a dire nel 1989 Franco Fortini: “Quella che chiamo la leggenda di Siena ossia la proiezione simbolica della sua struttura urbana, del suo passato storico e soprattutto artistico, quella leggenda penso abbia poco più di cent’anni. Fino agli ultimi decenni del secolo, mi pare, non è ancora identificata nella cultura europea una Siena come valore universale o città dello Spirito quali lo erano Firenze e Venezia. Era una città ancora, non un simbolo”.
Si è voluto solo accennare ad alcune interpretazioni della città, per dire come tramite i molti libri dedicati a Siena – quelli editi e quelli che si continuerà a pubblicare – sia possibile ripercorrere e aggiornare la “leggenda senese”. Racconti che rivelano culture, sensibilità, visioni del mondo, della storia e dell’arte le più diverse. Una ricchissima – spesso sorprendente – escursione di immaginarî, di suggestioni, di fantasie, di giudizî e pregiudizî estetici, di codici figurativi, di cifre letterarie non immuni, talvolta, da abusati clichés, stereotipi, bizzarrie e artifici retorici.
Del resto una pagina di libro (è ovviamente fatta eccezione per le guide turistiche) non potrà mai essere svilita a mera descrizione di luoghi. Però resta il fatto che in quella stessa pagina, ancorché astratta e “inventata”, può sottostarvi comunque la filigrana del reale e quindi la visione di un determinato posto, magari dilatato a chissà quali dimensioni. Un modo, quindi – quello letterario – non solo per “guardare”, ma per “vedere” luoghi facendone un’esperienza maggiormente universale.
Ecco, ci piace pensare, che Sienalibri rappresenti uno strumento attuale per dare conto e far discutere di tutto questo, oltre che, naturalmente, essere un servizio concreto per gli editori, i lettori, i curiosi e gli appassionati che nei libri cercano storia e storie, e in quelle storie qualcosa di se stessi.

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