SIENA – Non ci sono più i boscaioli di una volta. Sincera constatazione di chi questo mestiere lo pratica da decenni. Anzi, c’è nato in questo ambiente e prosegue un’attività familiare che si tramanda di padre in figlio.

Sandro Orlandini, boscaiolo pistoiese, là dove nel 2012 è nato il primo distretto forestale italiano della montagna, ha deciso di proseguire la tradizione di famiglia. Difficile però non notare le differenze rispetto agli inizi. Oggi, di persone disposte a sporcarsi le mani in mezzo agli alberi, se ne trovano sempre meno.

Chi sono i boscaioli oggi?
Sono figure assai differenti rispetto a quelle di una volta. La professione è cambiata radicalmente, anche solo se penso a quando ho iniziato io. Oggi c’è un livello di meccanizzazione tale, che al tempo, circa venticinque anni fa, era difficile solo immaginarlo.

In cosa consistono questi cambiamenti?
Ci vuole maggiore specializzazione. E’ richiesto un minore sforzo fisico, anche se la fatica è una condizione che accompagna questo lavoro.

Le piante si tagliano sempre nello stesso modo?
Su questo aspetto non ci sono state rivoluzioni. Però oggi lo si fa con maggiore sicurezza. L’utilizzo delle cuffie, tanto per fare un esempio. Le tecniche invece sono invariate. Così anche le macchine. Sebbene all’orizzonte si profila una novità che potrebbe stravolgere la nostra professione, le motoseghe a batteria. Rispetto a quelle a scoppio un bel salto in avanti.

Il bosco è diverso rispetto a prima?
Si, è diventato più grande e, purtroppo, più invecchiato e abbandonato. Un tempo si sentivano ‘cantare’ decine di motoseghe. Oggi sono una rarità. Prima c’era chi tagliava il bosco anche senza essere un professionista. Adesso questa professione conta sempre meno persone.

Sembra quasi un controsenso, se è vero che il lavoro oggi è più sicuro e più agile.
E’ così. Oggi si può fare quasi tutto con le macchine, quindi la parte manuale, quasi esclusiva alla parte dell’abbattimento, si è ridotta al minimo. Eppure trovare persone disposte a intraprendere questo percorso è sempre più difficile.

E’ un lavoro che paga?
Le opportunità ci sono, anche se per chi non ha una strada avviata non è semplice. Per esempio mettere insieme il parco macchine. Però, se penso alla nostra zona, chi lavora, si toglie anche delle soddisfazioni.

Le normative quanto incidono in questa professione?
Abbastanza. Bisogna stare molto attenti. Ci vuole poco a incorrere in infrazioni, pur operando in buona fede. Insomma, non è un aspetto secondario nello scarso appeal odierno di questo lavoro.

Ma tutti stanno alle regole?
Io sono convinto che un bosco tagliato ‘benino” è sempre meglio di uno abbandonato. Questo per dire che le maglie stringenti non danneggiano solo le persone.

Perché si abbandonano i boschi?
E’ un lavoro impegnativo e si preferiscono magari strade più semplici. Al netto delle migliorie che ho detto, è un lavoro che richiede dedizione e sacrificio, soprattutto all’inizio. I costi di partenza sono uno degli ostacoli più grandi.

Nel vostro settore gli stranieri si sono sostituiti ai lavoratori italiani?
In parte sì. Soprattutto quando l’edilizia, grazie ai bonus, ha ripreso a marciare, in tanti hanno cambiato ambito.

Si avverte il supporto delle istituzioni?
Non ci possiamo lamentare. Ci sono anche incentivi. L’invito che voglio fare alla politica è di continuare a credere nel bosco e in chi lo cura.

Alla luce di tutto ciò, il boscaiolo in Toscana come sta?
Se guardo a quello del Trentino e dell’arco alpino, è rimasto indietro. In quelle zone ci sono più operatori e una consapevolezza diversa dell’importanza del settore.

Cosa vi manca rispetto a loro?
Hanno una filiera più strutturata.

“Il taglio del bosco” è un approfondimento tematico che la nostra redazione segue con la modalità del long form article per analizzare in dieci puntate con cadenza settimanale la tematica, dando spazio a coloro i quali, a vario titolo, fanno parte di questa importante filiera.

La prima puntata: Taglio del bosco. A rischio il paesaggio toscano e anche la nostra anima è stata pubblicata il 30 aprile.

La seconda puntata: Taglio del bosco. «Gestione non sostenibile. Danni per tutti». Le scomode verità secondo il WWF toscano (agenziaimpress.it) è stata pubblicata il 9 maggio.

La terza puntata: Taglio del bosco. Il 50% della Toscana è ricoperto di alberi. Un primato italiano e magazzino di co2 del Paese, ma in montagna avanzano 7 ettari al giorno (agenziaimpress.it) è stata pubblicata il 16 maggio.

La quarta puntata: Taglio del bosco. Da una gestione corretta tante opportunità per il territorio. Gambetti (Conaf): La salute degli alberi è un valore aggiunto è stata pubblicata il 23 maggio.

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