SIENA – In una regione come la Toscana che ha il 50% del territorio ricoperto da alberi, avere boschi in piena salute è una priorità. Tutto perciò passa da una corretta manutenzione.

Opera che garantisce vantaggi molteplici e in settori diversi. A partire dalla sicurezza del territorio. C’è poi l’aspetto turistico, per arrivare quindi al versante produttivo, con un legno più sano da ricavare. Non proprio dettagli, come sottolinea Daniele Gambetti, consigliere dell’Ordine nazionali dei dottori agronomi e dei dottori forestali.

Quali sono gli strumenti per la gestione corretta di un bosco?
Gli strumenti per la gestione di un bosco sono molteplici: dagli strumenti politici e istituzionali, come le leggi ed i regolamenti, in particolare le cosiddette prescrizioni di massima e di polizia forestale, che definiscono i limiti e le modalità generali di intervento, o ancora i programmi regionali di gestione forestale, sino a piani di gestione oppure i piani di assestamento forestale, oppure i piani di taglio, o ancora i piani di rimboschimento. Poi vi sono le autorizzazioni che gli Enti competenti rilasciano per le varie attività di gestione del bosco, come ad esempio le autorizzazioni al taglio, oppure alla realizzazione o manutenzione della viabilità forestale, oppure le autorizzazioni paesaggistiche, che attestano il rispetto delle peculiarità del paesaggio, oppure i nulla osta dei parchi.

In che modo si procede?
Per le attività di gestione del bosco – o ancor meglio per le attività selvicolturali – è in genere il dottore forestale che predispone un progetto specifico, che parte dall’esame dell’ambiente, della flora, della fauna selvatica e di tutte le componenti dell’ecosistema forestale. Poi viene fatto un rilievo dettagliato delle caratteristiche del bosco (specie forestali, dimensioni degli alberi, densità, presenza di viabilità forestale, di opere di difese del suolo, ecc. ecc.). Dopodiché, in funzione delle necessità, viene programmato o il taglio degli alberi, oppure il rimboschimento, oppure la realizzazione di opere di sistemazione idraulico-forestali, ecc. ecc. sempre nel rispetto dell’ecosistema della foresta.

Cosa significa per l’ambiente tenere un bosco ordinato?
Mantenere un “bosco ordinato” significa innanzitutto tenerlo in buona salute, con gli alberi nelle giuste densità, alle dovute distanze, composizioni di specie, in via generale. Dopodiché, potendo avere avendo la copertura forestale funzioni molteplici, da quella produttiva di legno, a quella più paesaggistica e turistica, oppure di difesa del suolo, le attività conseguenti possono essere molto differenti, più o meno concentrato sul taglio degli alberi, sulla manutenzione delle opere di regimazione delle acque e della viabilità forestale, sulle attività di rimboschimento.

Quali sono i vantaggi?
I vantaggi nella gestione del bosco sono sempre molteplici: il fatto stesso della presenza di un bosco, significa difesa del suolo, mitigazione del clima locale, significa habitat per numerose specie di fauna e di flora, significa stoccaggio del carbonio. Questi benefici generali vanno sotto il nome di “servizi ecosistemici” e si sviluppano sempre in quanto presente un bosco.
Poi possono esservi vantaggi specifici, legati alle funzioni attribuite a determinati boschi rispetto ad altri, come ad esempio la funzione produttiva, che dal legno può dare un vantaggio economico alle comunità locali. Oppure la funzione turistico ricreativa, che può dare anche in questo caso dare un vantaggio economico alle comunità locali. Oppure la difesa dei versanti montani, laddove gli alberi, con i loro apparati radicali trattengono il suolo

Quali sono gli ostacoli maggiori?
I maggiori ostacoli nella gestione del bosco si incontrano innanzitutto nel fatto che i lavori da svolgere sono sempre molto impegnativi, pesanti, difficoltosi, dovuto anche al fatto che le coperture forestali si trovano in ambiente collinare e montano, in ambienti per definizione “svantaggiati”, e la vendita del legname – laddove vi sia una funzione produttiva – è un’attività sempre poco remunerativa.
Poi in genere, i servizi ecosistemici, oggi non hanno nella maggior parte dei casi una remunerazione.
Infine, una gestione minimamente conveniente del bosco dovrebbe essere fatta su ampie superfici, a partire da mille ettari (10 milioni di metri quadrati), giusto per dare un numero, e, se si escludono le proprietà pubbliche e le proprietà collettive, la maggior parte della proprietà privata è di piccole dimensioni, e spesso molto dispersa.

E’ cambiato negli anni l’approccio alla gestione del bosco?
Le discipline delle scienze forestali e l’approccio alla gestione del bosco sono materie in continua evoluzione, in funzione delle sensibilità della società, del miglioramento delle tecnologie. Ed è innegabile che negli ultimi due decenni molto migliorata la professionalità degli operatori e le misure di sicurezza sul lavoro.

La Toscana è una delle regioni con la maggiore estensione boschiva. E’ un valore aggiunto?
Certamente l’aumento della copertura boschiva rappresenta un valore aggiunto per la società, per l’ampiezza dei servizi ecosistemici che la foresta offre in quanto presente. Tuttavia occorre essere sempre consapevoli che nella maggior parte dei casi il bosco si espande sui campi che vengono abbandonati; sono nuovi ambienti, nuovi ecosistemi che necessitano una particolare attenzione, a partire dalle opere e attività di regimazione delle acque e di difesa del suolo.

Solo il 14% dei boschi toscani è di uso pubblico. Servirebbe aumentare questa percentuale? E se sì, perché?
Non è possibile dare una risposta univoca ad una domanda come questa, perché dipende dalle politiche regionale e degli enti locali. Certamente varrebbe la pena migliorare le condizioni strutturali al fine di favorire la selvicoltura e rendere più economica l’attività di gestione forestale. A partire dal riconoscimento dei servizi ecosistemici, che andrebbero sostenuti con la finanza pubblica, a beneficio di tutta la collettività.

Le associazioni ambientaliste e sempre più cittadini lamentano e denunciano un taglio del bosco sempre peggiore, soprattutto nei cedui. Esiste un problema di questo tipo?
Il taglio del ceduo spaventa perché interviene con un taglio “a raso terra” su superfici più o meno ampie. Ma rappresenta una modalità di intervento prevista dalle norme forestali. Certamente è importante non avallare tagli indiscriminati, ma come ci dice la stessa parola “ceduo” (dal latino “caeduus” di derivazione caedĕre “tagliare”) quei boschi derivano da pratiche secolari che prevedono il taglio periodico del bosco, che poi si rigenera grazie agli apparati che rimangono nel terreno e alle “matricine”, alberi che vengono lasciati per la produzione di seme, che andrà ricostituire nuove piante laddove gli apparati radicali terminano il loro secolare ciclo di vita.

“Il taglio del bosco” è un approfondimento tematico che la nostra redazione segue con la modalità del long form article per analizzare in dieci puntate con cadenza settimanale la tematica, dando spazio a coloro i quali, a vario titolo, fanno parte di questa importante filiera.

La prima puntata: Taglio del bosco. A rischio il paesaggio toscano e anche la nostra anima è stata pubblicata il 30 aprile.

La seconda puntata: Taglio del bosco. «Gestione non sostenibile. Danni per tutti». Le scomode verità secondo il WWF toscano (agenziaimpress.it) è stata pubblicata il 9 maggio.

La terza puntata: Taglio del bosco. Il 50% della Toscana è ricoperto di alberi. Un primato italiano e magazzino di co2 del Paese, ma in montagna avanzano 7 ettari al giorno (agenziaimpress.it) è stata pubblicata il 16 maggio.

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