Il pellet sequestrato dalle Fiamme Gialle

Una frode da circa 2 milioni di euro, che ha portato al sequestro al sequestro di 36 tonnellate di pellet da parte della guardia di finanza di Follonica e altri reparti delle fiamme gialle sotto la direzione della Procura di Civitavecchia. Al centro un marchio illecito, EnPlus®A1, che l’omonima società con sede a Tarquinia importava dalla Slovacchia rimettendolo poi sul mercato italiano anche on line. È il risultato dell’operazione “Hot Import”

L’inchiesta L’indagine è partita lo scorso inverno, grazie a un’attività investigativa portata avanti dagli agenti della Finanza di Follonica e Tarquinia, che ha visto impegnati oltre 50 militari appartenenti a 13 Reparti della Guardia di Finanza in ambito nazionale (Veneto, Umbria, Emilia Romagna e Lazio). Sono state accertate, sulla base dell’esame delle fatture di vendita acquisite, il consumo in frode di 717.054 sacchi di pellet illecitamente marchiati EnPlus®, equivalenti a 7.170 tonnellate. È stato accertato che la società, con sede a Tarquinia, importava, da una società controllata Slovacca, ingenti quantitativi di pellet marchiato EnPlus®A1, privo dei requisiti di certificazione, che a sua volta veniva posto in commercio dalla società italiana. Gli elementi acquisiti nel corso delle indagini di polizia economica e finanziaria, condotte dai militari della Tenenza di Follonica per risalire alla “filiera”, hanno consentito di comprovare che la società produttrice estera, usurpando il titolo industriale registrato EnPlus®, ha illecitamente esportato in Italia il pellet con la connivenza delle società italiane importatrici, che poi lo hanno posto in vendita in territorio nazionale frodando la fede del consumatore ignaro.

Prezzo maggiorato Ciò, oltre a costituire reato, ha consentito di arrecare grave pregiudizio al mercato essendo stata falsata la leale concorrenza da parte delle società venditrici, che grazie alla frode in commercio hanno potuto vendere la merce ad un prezzo non corrispondente alla qualità del prodotto; infatti il suo prezzo sarebbe dovuto essere inferiore rispetto a quello di un prodotto di qualità, marchiato lecitamente EnPlus®. Così facendo, ha preso il via un giro d’affari illecito di oltre due milioni di euro. Al vaglio gli aspetti fiscali conseguenti, nei confronti delle aziende coinvolte.

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