SIENA – Uto Ughi e il suo violino di scena alla Micat in Vertice dell’Accademia Musicale Chigiana, direzione artistica Nicola Sani, venerdì 22 marzo, al Teatro dei Rozzi.

Il musicista si esibirà con il suo Quartetto d’archi, insieme a Maryse Regard violino, Luca Pincini violoncello, Antonio Bossone viola. In programma alcune fra le più belle pagine di musica da camera: il quartetto per archi n.14 ‘La morte e la fanciulla’ di Franz Schubert e il Quartetto n.12 ‘Americano’ di Antonin Dvorak. Il concerto chiude il cartellone ‘Chigiana 100, Eventi Speciali’.

Ughi arriverà con i due leggendari violini che lo accompagnano: un Guarneri del Gesù del 1744 e uno Stradivari del 1701, quest’ultimo ribattezzato ‘Kreutzer’ perché appartenuto al violinista cui Beethoven dedicò l’omonima sonata.
Schubert compone ‘La Morte e la Fanciulla (Der Tod und Das Mädchen)’ in linea con le nuove idee romantiche del suo tempo. La Morte, però, è un lied fortemente drammatico anche a causa delle dolorose esperienze personali del musicista austriaco.

L’ispirazione gli è stata offerta dal componimento poetico, settecentesco, di Matthias Claudius. Il testo è noto come lo è la complessa bellezza musicale di questo quartetto: trasforma in sonorità il confronto tra l’implacabile ma amorevole compostezza della Morte e il travolgente terrore della Fanciulla oscillante tra repulsione e attrazione di fronte all’ignoto e al trascendente.

La ricchezza melodica e i percorsi introspettivi contengono anche un altro tema: la riflessione di Schubert sul senso dell’arte, da lui considerata sempre salvifica, portatrice di gioia. E tra la profondità di pensiero e la sua elaborazione musicale, questo quartetto d’archi materializza una delle pagine più alte dell’arte cameristica.

Dvořák trascorse l’estate del 1893 nella comunità di lingua ceca a Spillville, Iowa. Lì compose due delle opere da camera più famose, il Quartetto d’Archi in Fa ‘L’americano’, ed il Quintetto d’Archi in Mi minore ‘Americano’, coeve alla celeberrima sinfonia ‘Dal nuovo mondo’, definita prototipo di sinfonismo multiculturale e protagonista persino delle esplorazioni spaziali del Novecento: l’astronauta Neil Armstrong la portò con sé durante la missione Apollo 11, nel primo viaggio sulla Luna. Ed anche l’Americano gronda di molteplici allusioni alla musica popolare del paese che ospitava Dvořák, da quella dei nativi pellerossa allo spiritual afroamericano delle piantagioni e alle ballate dei pionieri yankee, senza peraltro trascurare le radici e le suggestioni europee, in una felice contaminazione tra il folklore della sua terra natale e quello del Nuovo Continente.

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