confindustria_assemblea_2015La prima assemblea generale dell’associazione degli Industriali di Arezzo, Grosseto, Siena – Confindustria Toscana Sud – si è tenuta ieri nell’auditorium di Arezzo Fiere e Congressi. Un’atmosfera insolita, segnata da una parte dalla soddisfazione di ospitare il presidente nazionale di Confindustria Giorgio Squinzi e il vicepresidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, dall’altra dai temi spiacevoli messi sul tavolo dal presidente di Confindustria Toscana Sud Andrea Fabianelli: la pressione fiscale, la burocrazia, le infrastrutture. Anche per gli industriali della Toscana del Sud, non c’è da stare sereni. E proprio Fabianelli l’ha detto forte e in apertura. Il suo intervento aveva un titolo esplicito, “Non è un paese normale” ovvero un paese che «non è in grado da decenni di decidere come finire la Tirrenica e la E78. Con un cantiere ogni 7 chilometri sulla E45. Che son si preoccupa di adottare procedure di somma urgenza per ricostruire un ponte chiuso da dieci mesi sulla Cassia», ha detto. Immaginate la faccia che ha fatto l’assessore regionale all’urbanistica e all’infrastrutture, l’aretino Vincenzo Ceccarelli. Nel suo intervento l’assessore si è detto d’accordo con gli industriali sul fatto che le lungaggini burocratiche possono e debbono essere corrette. Sui tempi delle correzioni è stato più vago, facendo riferimento al dettato della legge regionale 65. Non deve essere stato molto convincente, scontando peraltro anche l’insostenibile situazione del trasporto ferroviario toscano, perché la platea gli ha concesso solo un debole applauso di cortesia.

Il confronto con i vertici di Confindustria dopo la riforma delle tasse annunciata dal premier Renzi Orecchie all’erta, invece, per il presidente Squinzi al quale è stato chiesto un parere sulla diminuzione delle tasse appena annunciata da Renzi. Squinzi ovviamente non poteva che plaudire ma subito si è chiesto dove e come il governo troverà le risorse. Insomma, entusiasmo limitato visto che Confindustria non crede nella reale intenzione del governo di procedere seriamente alla spending review. Il presidente nazionale degli industriali ha trovato sponda in un agguerrito Antonio Tajani che ha fatto notare che, se il governo avesse voluto e potuto, avrebbe già liquidato gli arretrati delle amministrazioni pubbliche. Tajani ha sottolineato la scelta dell’Italia di volere a tutti i costi un alto rappresentante agli esteri piuttosto che uno nei settori economici. Sottolineando la scelta strategica di Spagna e Danimarca: hanno chiesto e ottenuto l’alta rappresentanza dell’agenda digitale e del commercio internazionale. L’arrosto, non il fumo.

La situazione preoccupante dell’oro di Arezzo Ma sull’assemblea gravava, palpabile, la preoccupazione degli industriali, soprattutto degli orafi di Arezzo. A margine, abbiamo chiesto a Giordana Giordini, presidente della sezione orafi di Confindustria Toscana Sud, la fotografia reale della crisi del suo comparto. «È inutile girarci attorno, noi orafi stiamo vivendo un momento particolarmente difficile. È vero – ha continuato la Giordini – che il Ramadan capitato proprio a luglio ha influito negativamente visto che il nostro mercato di riferimento è quello arabo. La verità è che dall’inizio del 2015 soffriamo e che il fatturato ha toccato una punta allarmante, – 15%. Per fortuna i mercati di Hong Kong e della Cina tutto sommato reggono, mentre abbastanza illusoria è stata la riapertura del mercato statunitense. A mio parere legata più al cambio favorevole che ad una vera inversione di tendenza. È vero, quasi tutte le aziende aretine sono state costrette a ricorrere alla cassa integrazione, le grandi e le piccole, senza differenza. Si vive alla giornata, Per quanto mi riguarda, sto mantenendo forte la pressione commerciale sulla Turchia e su Dubai, confidando in un risveglio di quei mercati. Ma noi tutti stiamo facendo scorte. Il vero problema è che dobbiamo resistere anche alle banche e difenderci, insieme, dai problemi che si stanno creando con loro proprio per la contrazione del fatturato. I più grandi di noi, ovviamente, hanno maggiori margini di contrattazione. I piccoli hanno bisogno di fare squadra e, insieme, di dire chiaro e forte alle banche che non è il momento di chiederci investimenti quanto quello di impedirci di essere messi in sofferenza. Siamo un centinaio di aziende e vogliamo far valere le nostre richieste». I dati, purtroppo, danno ragione alla Giordini. Dall’ultima indagine sul credito effettuata nel maggio 2015 emerge che nell’ultimo anno ancora il 40% delle PMI ha dichiarato un aumento del fabbisogno di credito, ma solo due aziende su tre sono riuscite ad ottenerlo nella misura richiesta.

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