quadroBanca Etruria, sfidando la sorte, ha inaugurato il Palazzo della Fonte. Ad Arezzo quest’immobile attaccato alla Casa Museo Bruschi e posto di fronte al mirabile colonnato della Pieve, è considerato una sorta di monumento: per settant’anni ha portato i segni del bombardamento del 2 dicembre del 1943. Un’altra, e se possibile più dolorosa ferita, gliela avevano inferta, dopo la guerra, la burocrazia e le vicissitudini dei vari proprietari, rallentandone il recupero per così lungo tempo. Il terzo colpo maligno era arrivato dall’avere “prestato” il nome alla società in cui era stato concentrato il patrimonio immobiliare di Banca Etruria. L’operazione ha generato un filone consistente delle indagini che la Procura di Arezzo sta svolgendo da tempo per mettere a fuoco le attività gestionali che hanno portato al commissariamento di Banca Etruria nel febbraio di quest’anno.

Arezzo mostraBenvenuta, quindi, all’arte, cui sembra essere stata affidata un’opera di purificazione e di rinnovata vita di un immobile che ha avuto una storia travagliata. E che sembra essere destinato ad averne ora un’altra più tranquilla e nobile, ospitando stabilmente gli antiquari più prestigiosi e dando loro la possibilità di una sede fissa prima e dopo la Fiera Antiquaria, realizzando in maniera permanente il sogno di Ivan Bruschi. Quello di un visionario che condivise la sua “vision” e il suo patrimonio con la città, inventando la Fiera Antiquaria e lasciando in eredità una eclettica collezione spaziante dalla preistoria al Novecento, circa diecimila pezzi tra mobili, dipinti, sculture, libri, vetri, ceramiche, argenterie, gioielli, arnesi da lavoro e monete. Un’oasi di bellezza nel cuore antico di Arezzo, visitata da circa 12.000 persone l’anno e fiore all’occhiello di Banca Etruria che, evidentemente, la amministra da sempre con oculatezza.

Si capisce così perché la mostra, inaugurata insieme al palazzo, “Dal Caveau al Museo” è temporanea: questi spazi avranno una destinazione d’uso diremmo storicamente e sentimentalmente di museo e mercato antiquariale. E comunque la mostra, curata da Carlo Sisi e aperta sino al prossimo 25 ottobre, ha una sua piccola ed evidente necessità, testimoniando l’esistenza dei gioielli artistici di due banche in crisi ma con dichiarata voglia di riscatto (Banca Etruria e la controllata fiorentina Banca Federico Del Vecchio). In tutto una trentina di opere, tra le quali alcune molto pregevoli – di Neri di Bicci, Giorgio Vasari, Guercino, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini e Plinio Nomellini. Il corollario di sculture e tele anonime di buona fattura viene esaltato da una donazione che ha un significato particolare.

Droandi Roberto Isabella
Roberto e Isabella Droandi

In una vetrina sono esposti alcuni degli oggetti donati dai fratelli Roberto e Isabella Droandi, eredi di una famiglia importante e culturalmente impegnata, per parte di madre discendenti dai nobili napoletani Carafa di Noia. È stata la stessa Isabella Droandi, storica dell’arte e ottima restauratrice, a spiegare il senso di una donazione colma di valore affettivo che la famiglia ha voluto affidare in buone mani perché sia la comunità tutta a goderne. Questa di Arezzo è solo l’ultima di una serie di donazioni iniziate dai genitori di Roberto e Isabella (lui, Alberto Mario Droandi, fu direttore dell’Ente provinciale per il turismo di Arezzo fino al 1972). E sono stati i fratelli Droandi, con una punta di orgogliosa commozione, a illustrarci la squisita fattura di un antico astuccio da disegno, la grazia di alcuni carnet di ballo delle feste della corte sabauda (il duca Pompeo Carafa di Noia fu cerimoniere di corte dopo l’Unità d’Italia), un albarello del 1688 e tanti piccoli quanto eleganti oggetti soprattutto ottocenteschi che staranno facendo la gioia silenziosa di Ivan Bruschi.

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