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VOLTERRA – Un colosso di pietra sprofondato negli abissi del tempo che, anno dopo anno, si schiude per offrire una meraviglia di cui, a questa latitudine, non vi è fonte storica di alcun tipo. Come un Gulliver imbrigliato dai crolli delle sue pietre implose, l’anfiteatro romano scoperto a Volterra (Pisa) nel 2015 in maniera del tutto casuale durante lavori di bonifica di un fosso, svela il suo cuore pulsante.

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Nel monumento risalente, con tutta probabilità, al I secolo d.C., ecco mostrarsi l’arena in cui i gladiatori davano spettacolo e battaglia contro le fiere, venuta alla luce in questi giorni ad una profondità di circa 8 metri rispetto al piano di campagna. La massiccia campagna di scavi condotta sotto l’egida della soprintendenza di Pisa e Livorno, vede al lavoro da circa un mese un team di oltre venti specialisti (archeologi, operai, topografi, restauratori, ingegneri), guidati dalla direttrice scientifica dello scavo Elena Sorge. Agenziaimpress.it ha incontrato l’archeologa Sorge all’interno dell’antico monumento, che si estende in 82 metri x 64 di larghezza, giunto alla sua sesta campagna di scavi.

Dottoressa Sorge, l’arena si è manifestata dopo anni di ispezioni: come si presenta?

«Quel che è emerso è ciò che resta dell’arena, ossia la preparazione. Queste strutture venivano costruite con uno strato preparatorio su cui venivano poggiati spessori di sabbia. In sostanza, siamo alla quota sotto zero dell’arena, perché il perfetto sistema di canalizzazione romano ha svuotato la porzione di sabbia».

Quanto è importante aver raggiunto l’arena dei ‘sanguinari’ spettacoli, luogo emblema di un anfiteatro, su cui si accaldavano i sentimenti della folla?

«E’ un passo fondamentale, perché nel corso di questa campagna di scavi stanno riemergendo strutture, come l’arena, che cercavamo proprio con l’obiettivo di capire fino a che punto la struttura si fosse conservata. Ma questa non è l’unica sorpresa spuntata fuori dagli scavi».

Spieghi

«Abbiamo rinvenuto tracce del podio e un corridoio che sbuca nell’arena e che veniva sicuramente utilizzato per l’entrata in scena delle fiere. Ancora si conservano le tracce della porta che si affacciava direttamente sull’arena e da cui facevano ingresso le fiere, così come abbiamo rinvenuto tracce del cardine della porta stessa. Mentre presumiamo che i gladiatori entrassero nell’arena dalla porta a fianco. Ed è venuto alla luce un altro anello, il quarto, in pessimo stato di conservazione».

Siamo di fronte a uno scavo urbano, stratigrafico e a una struttura mista, ossia costruita in parte sulla roccia. Riusciamo a sapere qualcosa sulla fase del crepuscolo dell’anfiteatro? Quando fu abbandonato?

«Questa struttura non ha mai goduto di ottima salute e lo vediamo dal fatto che è stata più volte rimaneggiata: abbiamo rinvenuto antiche opere di consolidamento. Il quarto anello, ad esempio, supponiamo che sia stato aggiunto postumo alla costruzione. Ed è del tutto plausibile che i romani si siano ritrovati a dover rimaneggiare la struttura per via dei cedimenti. E’ probabile che una sua ‘defunzionalizzazione’ sia iniziata dalla seconda metà del III secolo d.C.: forse non per un terremoto, come ipotizzato inizialmente, ma per motivi strutturali dovuti alla stessa conformazione geologica di Volterra».

L’area di scavo è immensa: cosa custodiscono in grembo le altre porzioni del grande monumento?

«Nel lato Sud, dove nel 2020 abbiamo trovato i tunnel sotterranei, è stata avviata un’indagine da parte della ditta Soing di Livorno per capire la consistenza dei versanti e se la valle è ancora a rischio crollo. Durante l’inverno, a scavi fermi, avvieremo una progettazione nel dettaglio per scavare la parte a Sud che contiene le gallerie, si crede utilizzate per smistare il pubblico. Nel lato Nord opereremo nuovamente con la Soing per capire la potenza dell’interro. Sotto i nostri piedi possono esserci grossi strati di interro, cioè di terra che ricopre le strutture».

Quanta superficie è emersa attualmente?

«Siamo a ¼ dell’intero anfiteatro, ma siamo andati molto avanti rispetto al passato. Diciamo che nel 2020 abbiamo gettato le basi per i risultati raggiunti in questa campagna di scavo. Nel corso degli anni sono spuntati dalla terra mura, vani, gradini, senza darci però le risposte che attendevamo. Adesso le tessere del mosaico stanno tornando al loro posto».

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