delittocatamaranoNon è rientrato in carcere a Livorno dal permesso premio Filippo De Cristofaro, condannato nel 1988 per l’uccisione della skipper di Fano Annarita Curina. Secondo quanto si è appreso aveva ottenuto un permesso di tre giorni in occasione della Pasqua. De Cristofaro sarebbe dovuto rientrare in carcere il 21 aprile alle 10, dopo tre giorni di permesso che doveva trascorrere nella comunità “Dialogo” di Portoferraio. E’ quindi ufficialmente considerato evaso dalle ore 22 del 21 aprile, allo scadere del termine di 12 ore dopo il mancato rientro dal permesso. Al termine del permesso l’uomo non si è presentato in carcere e da allora sono scattate le ricerche. L’uomo sta scontando l’ergastolo ma non è nuovo a simili evasioni: già nel luglio 2007 era evaso durante un permesso premio per poi essere rintracciato un mese dopo a Utrecht, città della sua amante. Il “giallo del catamarano” segnò profondamente l’estate del 1988 per l’efferatezza dell’omicidio occupando le cronache dei media per mesi.

L’omicidio e la fuga disperata De Cristofaro e la sua amante avevano affittato il catamarano della Curina per le vacanze, ma il vero piano dei due amanti era di impadronirsi dell’imbarcazione per poi fuggire in Polinesia. Il 10 giugno la donna, che secondo i giudici agisce spinta dall’amante, pugnala la Curina ad un fianco, mentre De Cristofaro finisce la vittima a colpi di machete. Il cadavere della skipper verrà ripescato il 28 luglio 1988 al largo di Senigallia, mentre a bordo dell’imbarcazione è già salito un amico olandese della coppia, in seguito condannato per il furto del natante. I due olandesi e l’italiano saranno poi rintracciati dalla polizia in Tunisia, mentre tentavano di fuggire a piedi dopo aver abbandonato la barca. La donna olandese verrà condannata a sei anni e sei mesi di carcere per concorso in omicidio, ma in cella sconterà solo 15 mesi: otterrà la libertà condizionale e quindi l’assegnazione ad una comunità di fratellanza nei pressi di Grosseto. In primo grado a De Cristofaro viene inflitta una condanna a 38 anni, trasformata in ergastolo nel processo di appello.

L’evaso aveva ottenuto il lavoro esterno Sulla base di una valutazione favorevole della sua condotta, De Cristofaro aveva ottenuto il lavoro esterno al carcere, che svolgeva sull’Isola di Pianosa. In base a quanto spiegato dal provvedditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, De Cristofaro svolgeva attività di manutenzione degli spazi dell’Isola di Pianosa (dai lavori di giardinaggio alle pulizie) nell’ambito di un progetto gestito dall’amministrazione penitenziaria. De Cristofaro alloggiava sull’Isola in una struttura-diramazione del carcere di Porto Azzurro, da cui usciva al mattino per fare ritorno la sera. Quello da cui non è tornato non era il primo permesso premio per De Cristofaro, dopo l’evasione del 2007: essendo avvenuta più di quattro anni fa, la ‘pregiudiziale’ nei confronti del detenuto era caduta. Sia i nuovi permessi premio sia il lavoro esterno erano stati concessi sulla base di una valutazione favorevole della condotta del detenuto fatta dall’equipe dell’istituto penitenziario e delle relazioni degli altri organi sulla sua pericolosità poi vagliate dai magistrati di sorveglianza. Dopo aver soggiornato all’Isola d’Elba, De Cristofaro non si è presentato a Pianosa la mattina in cui sarebbe dovuto rientrare.

Sappe: «Bracciale a chi va in permesso» Un episodio che «seppur grave» secondo Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe  «non può inficiare l’istituto della concessione di permessi ai detenuti, anche perché gli episodi di evasione sono minimi, ma è evidente che c’è sempre qualcuno che se ne approfitta. Nel 2013 sono state complessivamente 10 le evasioni commesse da soggetti ammessi al lavoro all’esterno, 10 quelle poste in essere da Istituti di pena, 47 dopo aver fruito di permessi premio e 21 dalla semilibertà». Il Sappe chiede «di valutare l’opportunità che ai detenuti in permesso venga applicato il braccialetto elettronico di controllo, costato peraltro decine di milioni di euro pubblici e poco utilizzato. Ciò permetterebbe di tenerlo sotto il controllo di una Centrale Operativa interforze, pronta ad intervenire in caso di anomalie».

 

 

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