POGGIBONSI – ‘Quasi Amici’, altro sold out al Politeama martedì 14 febbraio, è una storia importante, che merita di essere raccontata: dopo il cinema, a teatro dove si esprime il linguaggio più forte dei sentimenti. «Emozioni che devono irrobustirsi con parole e simboli per rimandare ad un immaginario condiviso con il pubblico.

È straordinario raccontare l’intimità̀ delle parole, degli scambi, delle svolte narrative, delle luci, dei movimenti, che solo una drammaturgia teatrale può̀ cogliere e restituire, dando il senso profondo di una grande amicizia in fieri», spiega il regista Alberto Ferrari. Se poi protagonisti sono due attori come Massimo Ghini, alias Philippe, e Paolo Ruffini, Driss, capaci di completarsi l’uno con l’altro, il cerchio che porta sul palcoscenico la storia scritta da Eric Toledano e Olivier Nakache, si chiude in modo perfetto. E nel cast. Claudia Campolongo, Francesca Giovannetti, Leonardo Ghini, Gianmarco Trulli, Alessandra Barbonetti, Diego Sebastian Misasi; produzione Enfiteatro.

«Due uomini – Ferrara indaga Philippe e Driss – talmente diversi da costituire una teorizzazione dell’antimateria. Due particelle che potrebbero portare a un’esplosione. Invece avviene il miracolo».
Il miracolo laico è quello della storia di un uomo molto agiato, ricco, intelligente, affascinante, che vive di cultura e soddisfa il proprio ego narcisistico con il cervello. «Un uomo – spiega Ferrara – che il destino, per contrappasso, ha relegato a solo cervello, facendolo precipitare con il parapendio, fratturandogli la quarta vertebra cervicale e riprendendosi il corpo. Quel corpo, che era solo un bagaglio della mente, ora nell’assenza, diventa il fantasma di un’identità̀ da inseguire e recuperare».
E poi c’è l’altro uomo che entra ed esce di galera, svelto, con una intelligenza vivace e una cultura fatta sulla strada e nei film di serie b. Preferisce porre il suo corpo avanti a tutto e che si è privato della carica del cervello che avrebbe potuto essere per lui determinante.
«Questi due uomini si incontrano per un caso e questo caso farà̀ sì che diventino uno per l’altro indissolubili, l’uno indispensabile alla vita dell’altro e lenitivo alla ferità fatale che ognuno ha dentro di sé. Non lo sanno ma loro possiedono un dono che ognuno può̀ donare all’altro: la leggerezza. Come in Pigmalione, assistiamo per osmosi a un’educazione alla vita e alla cultura e un’istruzione alla leggerezza».
L’assenza di leggerezza, più̀ che la malattia, tiene ancorato sulla sedia Philippe. La sua pesantezza della vita, la sua percezione del mondo, lo inchiodano a decisioni sbagliate con la figlia adottiva, con i suoi collaboratori, soprattutto con se stesso. Driss è un tornado di esuberanza, amante del gentil sesso e della disco music, che con i suoi modi per nulla commiserevoli produrrà uno scossone determinante nella vita di Philippe.

Ricco e povero, disperazione e vitalità, Vivaldi e Earth Wind and Fire e ancora tutta una lunga serie di funzionali divergenze sono alla base di questa piacevole commedia francese, che mai abusa dell’ironia.

«Nell’adattamento teatrale – anticipa Ferrara -, il ruolo di Philippe è stato riequilibrato. I due personaggi sono stati equiparati per scavare di più̀ nel loro rapporto e nella loro ricerca di questa leggerezza calviniana che faccia emozionare, godere e ridere. Ho immaginato di inserire anche i momenti di sconforto che nel film, per necessità del tempo di racconto non hanno probabilmente trovato spazio. Nella versione teatrale, permettono di entrare nella psiche di un uomo paralizzato che diventa tutt’uno con la sua sedia a rotelle elettrica. E nella testa di un altro uomo che ha considerato la vita fino allora come un aperitivo leggero da ingurgitare e poi tranquillamente digerire».
Ad esempio: un sogno in cui Philippe si sveglia e lo vediamo camminare. E questa cosa ci disorienta. Philippe chiama subito Driss, è entusiasta della notizia che gli deve dare e Driss arriva ma è lui sulla sedia a rotelle. Philippe, come nel peggiore incubo, si rende conto che è solo un sogno e si sveglia madido di sudore.

«Per la regia – continua Ferrara -, mi sono immaginato un grande spazio aperto. E un piano inclinato che dirada verso il proscenio e che racchiude al suo interno tutti i luoghi della vicenda, che si aprono e diventano a volte studio, camera da letto, salotto, a volte ristorante eccetera. Ma poi richiudendosi all’interno del praticabile ci restituiscono solo una pianura inclinata in cui far scivolare dolcemente la sedia a rotelle o faticosamente spingerla in salita. Un non luogo esterno che potrebbe essere un prato dove volano i parapendii e dove nel finale, per realismo magico, seguendo un aquilone che Driss fa volare nel vento di un pomeriggio, Philippe finalmente acquisisce la sua leggerezza e si stacca dalla sua sedia a rotelle. Vola come se fosse sul parapendio lasciando finalmente quella sedia che lo schiacciava verso la gravità più̀ pesante del mondo».

Il finale sorprende e piace. «Philippe ha perso la gravità – conclude il regista -.Ha imparato la leggerezza e Driss, la leggera profondità̀ che non lo fa volare e tiene Philippe ancorato a sé, come un riferimento importante. La loro amicizia vince come una centratura: per vivere ed essere uomini un po’ più̀ consapevoli della meraviglia e ridere, finalmente a crepapelle». Inizio spettacolo ore 21 (www.politeama.eu).

 

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