Mezzo secolo di storia contemporanea italiana e internazionale raccontata dalla viva voce di chi ha scritto le pagine più rilevanti del XX e del XXI secolo. Perché «se un giornalista fa domande vere, i personaggi escono fuori per quello che realmente sono. Oggi purtroppo quest’abitudine è stata completamente smarrita». È questo il punto di vista di Giovanni Minoli, giornalista, conduttore tv, autore, volto e voce di spicco della Rai che tra poco lancerà un nuovo format, “Il candidato – La politica alla prova dei fatti” che andrà a verificare televisivamente la lealtà dei politici italiani nei confronti dei cittadini, senza però condire il tutto con il clamore e la baraonda mediatica cui ci ha abituato negli ultimi anni la comunicazione politica. Una settimana fa ad Arezzo (leggi), Minoli ha presentato “La storia sono loro”, film che racconta le interviste fatte nel corso di quarant’anni di carriera ai personaggi protagonisti della storia nazionale e internazionale, nel ricco calendario de “Grandi Appuntamenti della Musica”, che si svolge proprio nella Città dei Vasari (leggi).

Sulla carriera«Ho fatto tutte le domande che volevo fare – ha detto ad agenziaimpress.it lo stesso Minoli -, non ricordo nessuna intervista che possa essere definita come deludente o insoddisfacente. Se però devo scegliere quella che mi ha dato di più, credo che direi quella a Margherita Yourcenar: l’ho sentita poco prima che morisse e rimasi folgorato dalla figura di questa donna di grandissima umiltà e intelligenza».

Come vede Giovanni Minoli la politica di oggi? «Stiamo vivendo un momento di grande sconvolgimento. La comunicazione politica è l’immagine emblematica di un Paese che sta cercando nuove modalità di confronto. Occorre superare la fase in cui si considerano le parole come proiettili, e ricercare il significato più autentico e vero delle stesse. La credibilità dei politici passa dalle loro parole e i talk show hanno distrutto questa credibilità. Occorre ricercare una dimensione più autentica della parola e quindi della politica».

Come si ricerca, e quindi come si ritrova, questa credibilità? «Si cambiano le formule. I confronti televisivi andati in onda in occasione delle primarie del Pd su Sky e alla Rai hanno dimostrato che è possibile tornare a un livello di confronto regolato che consenta ai personaggi politici di esprimere le proprie opinioni e conquistare una credibilità tutta loro. Una credibilità che non passa necessariamente dai social network, dove i politici sono presenti ma non credo siano presi in grande considerazione. Anche in quell’ambito, la politica ha molto lavoro da fare per cercare una propria autorevolezza, siamo ancora in una fase embrionale».

Come descriverebbe Giovanni Minoli la sua esperienza in Rai? «Ci vorrebbero 40 anni di tempo per raccontare i miei 40 anni di lavoro. È stata un’esperienza vissuta sempre cavalcando alla velocità della luce, pensando sempre che la partita deve ancora cominicare. Malgrado tutto, credo che personalmente devo ancora scendere in campo…».

Che giudizio invece sulla tv di oggi? «La parola tv non esiste. Esistono le tv. Il televisore è stato il più grande mezzo inventato dall’uomo per offrirsi una possibilità di crescita culturale e informativa. Ma per molto tempo questo mezzo è stato degradato a semplice strumento di consumo, dove al centro non c’era più l’uomo ma bensì il consumatore. Le tv dovrebbero ritrovare la loro vocazione primaria. Tra reality e realtà non c’è nessun rapporto: il reality è solo una fiction a basso costo».

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