cognateSpettacolo da non perdere dal 30 settembre al 4 ottobre al Teatro Puccini di Firenze. All’interno di Intercity Festival, il Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino in collaborazione con il Teatro Puccini di Firenze e la Delegazione del Québec a Roma presenta ‘Le Cognate’, di Michel Tremblay, per la regia di Barbara Nativi (ripresa da Dimitri Milopulos). Quindici le protagoniste femminili (Stefania Stefanin, Ludovica Fazio, Rosanna Gentili, Luisa Cattaneo, Silvia Frasson, Diletta Oculisti, Silvia Guidi, Monica Bauco, Annamaria Guerrini, Marcella Ermini, Caterina Tiossi, Vania Rotondi, Rossella Chirulli, Giada Secchi, Greta Milopulos) e un unico uomo, Gabriele Ughi nel ruolo di Johnny.

Lo spettacolo Ambientato a metà degli anni ’60, e grazie ad uno dei tanti concorsi, quiz e indovinelli Germaine Lauzon entra virtualmente in possesso di una quantità smisurata di mobili, elettrodomestici, abiti e casalinghi: tutto il catalogo sarà suo, e gratis. Un milione di punti e quattordici vicine, sorelle e mezze parenti chiamate ad attaccarli ed a far da testimoni oculari di un avvenimento eccezionale: il trionfo di Germaine/Cenerentola e la fuga dal grigiore della sua cucina verso i fasti kitsch di orrendi saloni in finto mogano, camere riscaldate da pelosissimi scendiletto, tappezzerie floreali ed un campionario strepitoso di pentole e vasellame, fino ai mitici bicchieri di vetro soffiato con disegno Caprice. È normale attendersi invidie e piccole cattiverie, ma “Le cognate” superano di gran lunga ogni previsione.

Museo degli orrori in scena Si tratta di uno spettacolo comico che mette in scena un vero e proprio museo degli orrori. L’aspetto esterno di questo coro al femminile racconta di profondissimi abissi interiori. Donne tenute su con chili di lacca e smalto rosso, sempre in corsa affannosa dietro maschi-veri-maschi, traditori e puttanieri; oppure sfatte e maritate, affamate di centrini, col terrore di un dovere coniugale notturno che non porta alcun piacere; o ancora zitelle velenose ed asessuate, aggrappate alle loro camere a gas portatili, le loro borse dalle forme impossibili, puzzolenti di profumi dolciastri. Si snoderanno con il passare dei minuti quindici “maschere” che raccontano la storia del Quebec fine anni ’60, ma parlano benissimo di miserie ancora attuali.

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