RIBOLLA – Il tempo a Ribolla (Grosseto) non si è fermato, anche se qua e là qualche traccia del passato è rimasta. Soprattutto una macchia, color sangue.

Quello versato proprio 79 anni fa da 43 minatori. Morti nell’esplosione del 4 maggio 1954. Antipasto di quello che sarebbe accaduto due anni dopo a Marcinelle, in Belgio. Altri minatori deceduti, tra i quali tanti italiani emigrati in cerca di una vita migliore. Una tragedia che per lo scrittore Luciano Bianciardi non è mai stata tale. O meglio, il sacrificio di tante vite è l’epilogo di un disegno più grande. Realizzato da chi vedeva i conti sempre più in rosso, per un attività che all’inizio degli anni 50 già rappresentava il passato.

Bianciardi, nativo di Grosseto e che prima di morire prematuramente avrebbe dedicato due opere a quel mondo, fatto di polvere e fatica, non riuscì a farsene mai una ragione di una pagina chiusa troppo velocemente. In realtà, la memoria di quei giorni in qualche modo è sopravvissuta dentro le teche dei musei che omaggiano i minatori e le miniere. Simboli di un territorio che non è riuscito a a fermare il tempo, ma ha salvato la sua anima. D’altronde, quei sacrificati di ieri sono gli stessi che oggi rischiano di non tornare a casa la sera. Perchè a distanza di 80 anni da quel dramma, di lavoro si continua a morire.

Articolo precedenteIncidente sulla Siena Firenze. Traffico in tilt. Rallentamenti e code
Articolo successivoPiù bella cosa non c’è. Teo Mammucari in scena al Teatro Pacini