Navigazione a vista per il Santa Maria della Scala di Siena. Scongiurata la sua chiusura definitiva, chi lavora all’interno del principale complesso museale senese vede ancora il futuro incerto e nebuloso (leggi). Bisogna infatti fare una distinzione per analizzare lo stato di salute dell’antico Spedale di Siena: il museo, ad oggi, è aperto ma a determinate condizioni, ma problemi decisamente annosi riguardano anche il personale che, allo stato attuale, non ha una chiara idea di come sarà il domani. È il caso della Cooperativa Zelig che gestisce i servizi all’interno del museo. «Grazie a Laudanna, il Santa Maria è rimasto aperto ma solo parzialmente (leggi) – spiega la presidente della Zelig Giovannella Pacini -. Abbiamo già 15 soci in cassa integrazione parziale che, tramite turnazione garantiscono le prestazioni essenziali, come la biglietteria e le sorveglianze. Il museo però non è aperto totalmente: si può infatti visitare solo il quarto livello dove c’è la Sala del Pellegrinaio, ed anche il biglietto d’ingresso è ridotto: 3.50 €. I quattro soci che si occupavano della segreteria per l’organizzazione degli eventi sono però in cassa integrazione totale e solo la prossima gara ci dirà in quale quota sarà possibile riutilizzare questo personale ad elevata specializzazione».
 
Proviamo quindi a fare chiarezza. Si era parlato di fondi regionali che sarebbero stati indirizzati per il salvataggio del Santa Maria della Scala. Quei soldi che fine hanno fatto?
«In realtà si tratta di fondi “promessi” dal presidente della Regione Enrico Rossi e che nessuno mette in dubbio. Ma il Commissario Laudanna non può impegnare una spesa comunale sulle promesse e il suo intervento, sacrosanto, è stato quello di raggranellare un po’ di risorse dai risparmi di bilancio e dai tagli dei festeggiamenti di fine anno per proseguire il servizio, a ranghi ridotti, fino a dicembre, in attesa che sia tenuta una “gara ponte” che regolarizzi la situazione fin quando si insedierà una nuova amministrazione. Spetterà ad essa decidere il vero futuro del Santa Maria della Scala, la forma giuridica della struttura, il ricorso o meno a partner privati, la dimensione dei servizi e, di conseguenza, anche la sorte degli attuali addetti».
 
Come si è arrivati a questa situazione?
«A Siena tutto il settore della cultura, dove la Zelig opera ormai dal 1986, sta entrando in crisi a seguito, soprattutto, delle difficoltà della Fondazione Monte dei Paschi e dei deficit che si stanno manifestando nel bilancio comunale. È in questo quadro che si colloca la crisi di un Santa Maria della Scala, dove lavoriamo sin dal 1996, dall’avvio cioè dell’attività museale, dove vengono al pettine i nodi delle lentezze registrate nell’attuazione dei progetti originari e le incertezze strutturali che hanno portato, in un primo tempo, a sciogliere l’originaria Istituzione presieduta da Anna Carli per trasformarla in una sorta di ufficio comunale e, in un secondo tempo, a progettare la costituzione di una “fondazione mista pubblico-privato” che non è poi stata attivata. Oggi c’è grande paura: “cassa integrazione” fino a pochi anni fa era una parola mai sentita a Siena, specie per una cooperativa che lavorava nel settore culturale, storicamente la “gallina dalle uova d’oro” del territorio. Occorre riportare la giusta attenzione a questa vicenda: Siena, senza cultura, muore».

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