Una Toscana senza più campanili. Né sindaci. Pare sia questo il modello disegnato dall’Irpet, Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana, che prevederebbe l’accorpamento dei Comuni toscani dagli attuali 279 a soli 50. Con un risparmio che oscilla, dicono, dai 200 ai 400 milioni di euro. Non proprio una novità in verità, considerato che già nel 2013 l’Istituto aveva reso nota una proposta simile di accorpamenti tra municipalità toscane (leggi).

«L’idea è che i governi locali dovrebbero essere coerenti con la distribuzione territoriale delle comunità e, quindi cambiare, quando le trasformazioni avvenute nei fenomeni socio-economici e culturali e nella tecnologia di comunicazione e trasporto sono di portata tale da rendere ormai obsoleti i confini tradizionali», spiegava nel 2013 Sabrina lommi, autrice dello studio.

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Dario Parrini (al centro) con Enrico Rossi

«Il coraggio di innovarsi» Oggi a rilanciare la proposta è il Partito Democratico per voce del suo segretario regionale Dario Parrini che ha acceso le polveri “per vedere l’effetto che fa”. E considerato che la maggioranza dei Comuni toscani è amministrata da sindaci democratici la proposta è da prendersi seriamente in considerazione. «I nostri sindaci devono avere il coraggio di innovarsi», ha detto Parrini, ma forse parlare del coraggio di auto sciogliersi. Quale innovazione può esserci, infatti, in una fusione delle proporzioni indicate dal documento che prevede accorpamenti di comuni che raggiungano una popolazione minima di 20.000 abitanti? Basti considerare che oggi la maggior parte oscilla tra 5.000 e 15.000 abitanti. Una rivoluzione degli enti locali che finirebbe per interessare, più o meno, tutti i toscani. Altro che innovazione.

«Pd a favore delle fusioni» Ad oggi, del resto, le fusioni volontarie sono state appena otto e di piccoli comuni. Troppo poche per procedere sulla via dell’efficienza. Mentre rimangono tra gli amministratori locali molti dubbi, distinguo e, diciamola tutta, questioni di campanile a volte secolari con cui fare i conti. Parrini ha quindi preso il toro per le corna e cavalcato la proposta di Dario Nardella di fondere Firenze con Scandicci e/o Bagno a Ripoli («una ipotesi che consentirebbe a Palazzo Vecchio di investire 100 milioni in infrastrutture»). «La posizione del Pd non sarà sfumata, ma netta a favore delle fusioni», ha detto il segretario regionale Pd a Il Corriere Fiorentino, annunciando una iniziativa politica per il prossimo mese di dicembre con democratici e amministratori.

Bruno Valentini
Bruno Valentini

Il sogno della “Grande Siena” Come in un perfetto schema collaudato a tavolino, riprende la proposta nel giro di poche ore il sindaco di Siena, Bruno Valentini che racconta, sempre a Il Corriere Fiorentino, il suo sogno di vedere la “Grande Siena”, unita finalmente a Monteriggioni, Sovicille, Monteroni d’Arbia e Castelnuovo Berardenga e Asciano. Poi, per giustificare il sogno ad occhi aperti, racconta di essersi di recente incontrato non con i sindaci contermini chiamati in causa, rimasti per lo più esterrefatti dalla esternazione, ma con quelli che costituiscono la grande Londra. Con una differenza che la capitale inglese conta otto milioni e mezzo di abitanti e la grande Siena non superebbe i centomila (97.000, per l’esattezza).

«Nuova stagione istituzionale» Ultima puntata, un articolo domenica scorsa che descrive, con tanto di cartina geografica, i cinquanta, futuri, comuni decisi dall’Istituto regionale. Via i comuni del Chianti, del Casentino, niente più Maremma. Tutto si concentrerebbe intorno alle attuali città capoluogo ed ai principali centri attuali. Tutto il resto sarebbe semplicemente spazzato via. E, ciliegina sulla torta, arriva il commento dell’assessore regionale Vittorio Bugli che chiosa «con l’addio delle province dobbiamo aprire una nuova stagione istituzionale». Quella dell’addio dei Comuni?

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