SIENA – La vicenda dell’ex Industria di disidratazione Isola Tressa, in Val d’Arbia, quel miraggio industriale degli inizi anni sessanta, crollato in un fallimento e degenerato in uno scempio ambientale oggetto di un dibattito aperto, diventa un evento artistico.

Il silos abbandonato, lungo la Cassia e la linea ferroviaria Siena – Grosseto, riemerge da protagonista di una mostra fotografica, ‘L’industria della polvere. Ex Idit di Isola d’Arbia e altre due storie’ fino al 31 gennaio al Santa Maria della Scala: nell’ex Refettorio e nella sala San Galgano. La nuova prospettiva, trenta immagini bianco nero scattate da Carlo Vigni, a cura di Carlo Nepi e Francesca Sani, coordinamento progettuale Jacopo Armini, testi Giovanna Calvenzi, colloca la vicenda in una dimensione molteplice, «testimonianza di un’esperienza industriale eccentrica nel nostro territorio e – ha detto il sindaco Luigi De Mossi – di una storia economica non realizzata. Ma, proprio il valore di ciò che ha rappresentato ed il legame con il paesaggio  consolidato, rendono difficile oggi pensare ad una demolizione. Questa mostra, con le foto ad alto valore espressivo ed emotivo, è l’occasione per affrontare con un diverso metodo un futuro che non è mai esistito e per riflettere sul percorso industriale di cui Siena resta orfana».

La storia rimanda al 1960. Nasce una futuristica azienda per la produzione di pomodori liofilizzati in Val d’Arbia. Forse allora, grazie anche al taglio del nastro con arcivescovo, ministro, telegiornale nazionale, «la ferita inferta al paesaggio non era sembrata la peggiore delle conseguenze – dice Nepi -. Quel che contava era la prospettiva dello sviluppo, il miglioramento delle condizioni economiche, le possibilità di una nuova occupazione».

Ma quello che sembrava essere un miracolo economico in Val d’Arbia, ebbe vita breve: nel 1966 la Società era già fallita con la produzione mai entrata a regime. E ciò che rimane di questo sogno economico, la torre di ferro e cemento alta 70 metri, coperta di vetro e poi, nell’inevitabile degrado, spogliata di ogni rivestimento e di tutte le parti fragili e deperibili, fino alla essenzialità della struttura, continua ad essere segnalato ai primi posti nella lista degli ecomostri nazionali.

Il corpo centrale della mostra consiste in una serie di scatti fotografici dell’esterno e dell’interno dell’ex stabilimento Idit. A queste immagini, si aggiungono altre di due edifici che sorgono nel raggio di pochi chilometri, lungo l’asse senese dell’antica Via Francigena: la Grancia di Cuna, granaio fortificato medievale dell’ospedale di Santa Maria della Scala, e la manifattura tabacchi di Monteroni d’Arbia. La scelta delle tre strutture limitrofe, pur nella diversità dei periodi in cui hanno visto la luce, è tutt’altro che casuale, condividendo l’originaria destinazione di trasformazione/conservazione di prodotti agroalimentari del territorio e il successivo destino di abbandono, con varie ipotesi, di recupero architettonico.

«Mi ha sempre colpito la dimensione simbolica di questa torre – spiega Vigni – . Un aspetto mi è sempre apparso chiaro: nulla ha dell’operosità contadina della Val d’Arbia, ma di uno sfortunato accidente in pieno boom economico degli anni sessanta. Non cerco tracce di lavoro, ma la verifica di un’idea: quella se, a distanza di mezzo secolo la polvere che, si annunciava al telegiornale, nasceva in questa scenografia fantastica, effettivamente c’era».

«Vigni – commenta Giovanna Calvenzi, critica e photoeditor  – registra il disfacimento degli interni, l’accumularsi dei detriti, l’infiltrarsi delle presenze vegetali. Per il suo lavoro di testimonianza e di indagine, sceglie una distanza equa e un linguaggio documentario che ind­aga e registra in modo fedele. Sente, forse, l’influenza dello sguardo della Neue Sachlichkheit, di quella ‘nuova oggettività’ che, dopo la Prima guerra mondiale, aveva tributato attenzione alle macchine, al lavoro, ai luoghi dell’industria. Guarda quasi con affetto questa incongrua presenza sul territorio, ne rispetta le linee e i volumi in un dialogo fra interni e paesaggio».

Adesso il futuro dell’ex Idit, in un territorio strategico, crocevia fra futuro e passato, fra le future linee ferroviarie e la Via Francigena, è di nuovo in discussione. Quello di un’esperienza che, testimonianza di una scelta del passato, deve essere, comunque, rispettata nel suo valore e nel rapporto con il passaggio: non è mai statico, attraversa le diverse contemporaneità, adeguando lo spazio fisico alle sollecitazioni.

Santa Maria della Scala, fino al 31 gennaio. Il catalogo è edito da Postcart. Le interviste sono di Mirko Machetti e il volo sulla Torre di Luca Gentili Roma. La mostra è promossa dal Comune di Siena e dal Santa Maria della Scala, collaborazione Opera Laboratori (www.santamariadellascala.com).

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