L’appello arriva alla fine dei lavori della commissione parlamentare d’inchiesta su Mps quando il presidente Pier Ferdinando Casini era già ai saluti: «aprite un conto al Monte» chiede l’Ad di Rocca Salimbeni Marco Morelli ai parlamentari della stessa Commissione. Morelli, appena riconfermato dal Mef nella lista per il Cda, ha aggiornato la commissione sugli sforzi compiuti dal Monte e l’operazione che ha portato lo Stato a divenire il primo azionista e ha sottolineato come «per la ripresa della banca servirà tempo».

Elenco segretato A San Macuto, oltre alla relazione, lui e il presidente Alessandro Falciai hanno portato la lista dei 100 grandi debitori insolventi. Un elenco, subito segretato e che, secondo Carlo Sibilia (M5s) contiene «diversi player legati ai partiti». E mentre la Lega chiede l’audizione degli ex vertici Mussari, Vigni e Baldassarri, Renato Brunetta (Fi) si lamenta dei ritardi sulla richiesta al Mef e alla procura di Trani dei documenti per i filoni sui derivati dello Stato e del ruolo delle agenzie di rating. Un ritardo derivato da un ‘cortocircuito’ con gli uffici, spiega Casini che ha fatto subito partite le richieste. In mattinata il presidente aveva sottolineato come servisse «la massima cautela, pensiamo alla ricaduta internazionale» in merito alla richiesta dei cinque stelle di audire il presidente della Bce Mario Draghi.

Serve tempo Nella sua audizione Morelli spiega che il sostegno pubblico ha permesso di tornare a un «contesto normale» ma non fa illusioni: «devo essere franco, il ritorno della banca a una redditività sostenibile e al recupero di quote di mercato non possono essere realizzati in breve tempo» scandisce ricordando come i danni provocati dalla gestione Mussari-Vigni avranno effetti prolungati nel tempo. Certo segnali positivi ce ne sono: la raccolta, precipitata nel 2016 e con un picco a dicembre dopo l’esito del referendum costituzionale, sta recuperando più velocemente del previsto ed ha un segno positivo di 11 miliardi. Sempre il voto è all’origine, dice Morelli, del fallimento del piano 2016 di cessione sofferenze e aumento di capitale con i privati, piano che lui si trovò in pratica già fatto da Viola. L’instabilità allontanò gli investitori e la Bce non concesse la proroga a gennaio quando poi fu chiaro che il quadro politico non era mutato con l’avvento del governo Gentiloni. Un rinvio che impose ‘de facto’ l’intervento dello Stato. Ora il Monte sta provando a risalire la china appunto ma sono diversi i paletti imposti dalla Dg Comp e della vigilanza sull’operatività con periodici controlli degli impegni assunti.

Il passato Ma Morelli è finito anche sotto il bersaglio di alcuni parlamentari come Andrea Augello (Idea), Dal Moro (Pd) e in parte anche Carlo Sibilia (M5s) sul suo ruolo nel Monte come vice dg e Cfo fra il 2008 e il 2009 (in precedenza era stato a Jp Morgan) per il quale è stato colpito anche da una sanzione di 200mila euro della Banca d’Italia. Morelli non si sottrae e ricorda come la sua posizione sia stata archiviata in sede penale e abbia fatto ricorso sulla sanzione perché all’epoca del provvedimento la Banca d’Italia non aveva consultato le 60mila pagine dell’indagine sul Fresh. L’Ad però all’epoca rivendica «di essere stato l’unico a dimettermi» per dissidi con il vertice e di aver segnalato, assieme al risk management dell’epoca, numerose anomalie dell’area finanza al dg Vigni chiedendo un audit interno. Non c’erano abbastanza elementi per denunciare, prima dei suoi risultati, tutto alla Banca d’Italia e non conosceva né aveva visto il famigerato mandate agreement trovato poi in cassaforte. In ogni caso alla fine del 2009 presentò le sue dimissioni.

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