FIRENZE – Un detenuto originario del Marocco di 29 anni si è impiccato nella serata di ieri a Firenze.

L’uomo era stato trasferito da pochi giorni a Sollicciano dal carcere di Aosta. Avrebbe finito di scontare la sua pena a breve, il 22 ottobre prossimo, ma su di lui pendeva un mandato di arresto europeo da eseguire da parte della Corte d’appello. Prima di impiccarsi, il detenuto ha bloccato la serratura della cella con un pezzo di plastica, impedendo così l’intervento dei poliziotti penitenziari . A dare la notizia è il Sappe. Si tratta del sessantottesimo suicidio dall’inizio dell’anno, 25 in più rispetto allo stesso periodo del 2021.

Le ragioni del suicidio del detenuto di Sollicciano “restano ignote – dice il segretario del Sappe della Toscana Francesco Oliviero-  In ogni caso, il dato certo è che la scelta di togliersi la vita è originata da uno stato psicologico di disagio”.

“La morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”, commenta amareggiato il segretario generale del sindacato Donato Capece,  che richiama, sottoscrivendolo, un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica: “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere”.

“Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni” fa presente il sindacalista, che avverte:  “se i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sono in grado di trovare soluzioni alla gravissima situazione delle carceri italiane ed alla tutela degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria devono avere la dignità di dimettersi”.

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